Figli da maternità surrogata, Italia condannata dalla Cedu

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Figli da maternità surrogata, Italia condannata dalla Cedu

Con sentenza del 31 agosto 2023 pronunciata sul ricorso n. 47196/21, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l'Italia per violazione dell’articolo 8 della Convenzione EDU sul diritto al rispetto alla vita privata e familiare, in relazione al mancato riconoscimento del legame di filiazione tra un padre biologico e la figlia, nata a seguito di una accordo di maternità surrogata stipulato all’estero.

Nella stessa decisione, è stata invece esclusa la violazione del medesimo art. 8 per quanto riguarda l'instaurazione di un rapporto legale tra la bimba e la madre intenzionale.

La vicenda posta all'attenzione dei giudici di Strasburgo riguardava il rifiuto opposto dalle autorità italiane alla richiesta avanzata da due coniugi ai fini della trascrizione, nel registro dello stato civile, del certificato di nascita di una bambina nata attraverso la maternità surrogata gestazionale all'estero.

La coppia, formata dal padre biologico e dalla madre d'intenzione, si era rivolta al tribunale che, tuttavia, aveva respinto il loro ricorso, ritenendo che l’interesse superiore della minore non potesse comunque condurre a violare il principio di incompatibilità della maternità surrogata con l’ordine pubblico italiano.

Rapporto figlia - padre biologico da riconoscere

Secondo la Cedu - che ha richiamato, sul punto, quanto già osservato in cause aventi ad oggetto la medesima questione (Mennesson contro Francia e Labassee contro Francia) - il diritto interno avrebbe dovuto prevedere la possibilità di riconoscere il rapporto giuridico tra il bambino nato attraverso un accordo di maternità surrogata all'estero e il padre designato, laddove questi - come nel caso in esame - fosse il padre biologico.

Nella vicenda di specie, invece, i giudici nazionali non erano stati in grado di procedere rapidamente sulla decisione di tutelare l’interesse della figlia ad avere un rapporto giuridico con il padre biologico.

La bimba, odierna ricorrente, era stata tenuta fin dalla nascita in uno stato di prolungata incertezza sulla sua identità personale; la stessa, peraltro, non avendo in Italia una parentela legalmente stabilita, era ivi considerata come apolide.

La Corte, ciò posto, pur riconoscendo il margine di apprezzamento spettante al singolo Stato, ha ritenuto che le autorità italiane non avessero adempiuto al loro obbligo positivo di garantire il diritto della ricorrente al rispetto della sua vita privata, ai sensi della Convenzione sui diritti dell'uomo.

In conclusione - si legge nella sentenza - al fine di garantire un risultato “rapido” ed “effettivo” nel rispetto dell'interesse superiore del minore, figlio nato a seguito di una maternità surrogata eseguita all'estero, nel costituire il vincolo di filiazione con il genitore biologico:

  • il processo decisionale deve essere sufficientemente focalizzato sull’interesse superiore del minore e, in questo senso, esente di eccessivo formalismo e capace di realizzare questo interesse, indipendentemente da eventuali vizi procedurali;
  • i tribunali nazionali devono cooperare con le parti, indicando le soluzioni prescelte dal sistema, indipendentemente dalle richieste degli interessati.

Rapporto figlia e madre intenzionale: nessuna violazione, possibile l'adozione

Per quanto concerne, invece, il rapporto tra la figlia e la madre intenzionale, i giudici di Strasburgo hanno escluso che si fosse realizzata una violazione dei diritti riconosciuti dalla Convenzione di Strasburgo e ciò in considerazione della possibilità, per la donna, di riconoscere legalmente la bambina attraverso l'adozione.

Sebbene, infatti, la legge italiana non consenta di riportare gli estremi dell'atto di nascita registrato riguardo alla madre intenzionale, era comunque offerta, a quest'ultima, la facoltà di agire legalmente per riconoscere la bimba, adottandola.

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