Favoreggiamento. Esimente anche per il convivente more uxorio
Pubblicato il 15 marzo 2019
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La causa di non punibilità di cui all’articolo 384, comma 1, del Codice penale deve ritenersi applicabile anche ai rapporti di convivenza “more uxorio”, pure dopo la Legge Cirinnà (Legge n. 76/2016).
Questo alla luce di una interpretazione valoriale, non in contrasto con la Carta costituzionale e anzi conforme alle norme della Convezione europea dei diritti dell’uomo.
E’ quanto riconosciuto dalla Corte di cassazione nel testo della sentenza n. 11476 del 14 marzo 2019.
Non punibilità per chi commette il fatto per salvare il prossimo congiunto
L’esimente contemplata dall’articolo richiamato è quella con cui viene ritenuto non punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell'onore.
Nel riferimento al prossimo congiunto, quindi, deve ritenersi ricompreso, oltre alla parte dell’unione civile, anche il convivente di fatto.
Nella decisione, viene precisato come, anche dopo la Legge Cirinnà e il connesso decreto di attuazione in materia penale, la questione della rilevanza penalistica della convivenza “more uxorio” resti immutata e, per certi versi, più stringente.
Infatti, l’assimilazione al coniuge della sola parte dell’unione civile potrebbe condurre a decidere in maniera radicalmente diversa forme di convivenza, certamente diverse sul piano formale ma sostanzialmente analoghe.
I giudici di legittimità, in particolare, hanno ritenuto condivisibile l’opinione dottrinaria secondo cui “la novità legislativa non può costituire un insormontabile impedimento per estendere a ogni altra forma di convivenza la disciplina che si ricava, in tema di equivalenza della figura del convivente, a quella del coniuge, dal complesso quadro storico-evolutivo della materia”.
Annullata la condanna penale
Sulla scorta di queste considerazioni, la Sesta sezione penale ha annullato, senza rinvio, la condanna per il reato di favoreggiamento impartita all’imputato, per aver aiutato il fratello della convivente a sottrarsi alle ricerche dei Carabinieri.
L’uomo si era rivolto alla Corte di legittimità lamentando che nella decisione impugnata non fosse stata ritenuta configurabile, in suo favore, l’esimente di cui all’articolo 384, comma 1, del Codice penale, in ragione dell’assunto secondo cui il fratello della convivente non potrebbe essere considerato prossimo congiunto.
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