Falsa identità del mutuatario. Notaio non è responsabile
Pubblicato il 01 dicembre 2017
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Identificazione dei contraenti: basta la certezza soggettiva
Il notaio, nell’attestare l’identità personale delle parti, deve trovarsi in uno stato soggettivo di certezza intorno a tale identità, conseguibile, senza la necessaria pregressa conoscenza personale delle parti stesse, attraverso le regole di diligenza, prudenza e perizia professionale e sulla base di qualsiasi elemento astrattamente idoneo a formare tale convincimento, anche di natura presuntiva; purché, in detto ultimo caso, si tratti di presunzioni gravi, precise e concordanti. Per cui il notaio non è responsabile dei danni che taluno subisca per effetto della discordanza tra l’identità effettiva e l’identità attestata del comparente, se l’identificazione sia il risultato di un convincimento di certezza raggiunto anche al momento dell’attestazione, sulla base di una pluralità di elementi che, comunque acquisiti, siano idonei a giustificarlo secondo le regole di diligenza, prudenza e perizia professionale.
E’ tutto quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, prima sezione civile, respingendo il ricorso di una banca, avverso la pronuncia d’appello che aveva negato la responsabilità del notaio rogante, in ordine all’erronea identificazione del soggetto mutuatario di una somma di denaro per l’acquisto di un immobile (che aveva poi tratto in inganno l’istituto di credito mediante presentazione di documentazione falsa).
Secondo la banca, il notaio avrebbe dovuto provvedere alla identificazione delle parti contraenti, prendendo visione dell’originale del documento di identità o, in difetto di pregressa conoscenza delle parti medesime, avvalersi semmai di testimoni per la verifica dei dati dichiarati. Ciò che non era avvenuto nel caso di specie, ove il professionista rogante, al momento della stipula, disponeva della sola fotocopia del documento del mutuatario, acquisita in un momento precedente ed esibita da un collaboratore di studio.
Censura tuttavia respinta dalla Corte Suprema, la quale, nel negare a sua volta la responsabilità del notaio, prende atto degli accertamenti di merito, da cui era emerso che il professionista avesse raggiunto una propria certezza circa l’identità del comparente, sulla scorta di plurimi elementi. Innanzitutto il sedicente mutuatario era stato presentato al notaio dal responsabile di un’agenzia immobiliare e da un commercialista da tempo conosciuti.
Concorso del direttore di banca
Inoltre, il finanziamento era stato deliberato dalla stessa banca, a seguito di istruttoria sul futuro contraente; soggetto che l’istituto di credito, per legge, aveva l’obbligo di identificare. Per cui la stipula degli atti notarili era avvenuta con il concorso di varie persone, tra cui il direttore di banca, che oltretutto si era intrattenuto con il sedicente mutuatario in atteggiamenti di familiarità e confidenza. Né la carta di identità ed il codice fiscale del mutuatario, esibiti alla segreteria del notaio, e di cui era stata fatta copia – si legge infine nella sentenza n. 28823 del 30 novembre 2017 - presentavano alterazioni o anomalie tali da far sospettare la falsificazione.
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