Fallisce l’imprenditore, se non prova l’assenza di requisiti dimensionali
Pubblicato il 16 gennaio 2016
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Con sentenza n. 625 depositata il 15 gennaio 2015 la Corte di Cassazione, prima sezione civile, ha respinto il ricorso di una s.n.c. dichiarata fallita, la quale lamentava, in particolare, l’omesso accertamento circa i presupposti oggettivi che rendessero l’impresa assoggettabile a fallimento.
In proposito – ha tuttavia controbattuto la Suprema Corte – sebbene l’onere della prova del mancato superamento dei limiti dimensionali per l’assoggettamento a fallimento sia stato posto espressamente a carico dell’imprenditore solo con il D.Lgs. 12 settembre 2007 n. 169 (successivo ai fatti di causa) con effetto a decorrere dal primo gennaio 2008, pur si deve attribuire al predetto provvedimento efficacia interpretativa di un principio già consacrato nella giurisprudenza di legittimità.
Esclusi dal fallimento i piccoli imprenditori. Requisiti dimensionali da dimostrare
Principio che poneva come regola generale l’assoggettamento a fallimento degli imprenditori commerciali e, come esclusione – ovvero, come fatto impeditivo costituente eccezione in senso tecnico – la qualità di piccolo imprenditore, desumibile dal mancato raggiungimento di determinati presupposti dimensionali (investimenti per più di 300 mila euro, ricavi per più di 200 mila euro).
Né tale conclusione può essere contrastata – prosegue la Corte – con riferimento alla natura ufficiosa del procedimento fallimentare, che pure si basa su atti e documenti acquisiti in giudizio, senza che il Tribunale debba trasformarsi in organo ufficioso di ricerca della prova.
Ciò tanto meno ove – come nel caso di specie – l’imprenditore non si sia nemmeno costituito in giudizio e non abbia dunque depositato i propri bilanci relativi all'ultimo triennio, rilevanti ai fini in esame.
In assenza di allegazioni probatorie di parte, resta dunque fermo l’accertamento dello stato di insolvenza (dunque la dichiarazione di fallimento) così come operato dal Tribunale, sulla base delle risultanze dello stato passivo, ove erano emerse, nel caso de quo, ingenti esposizioni debitorie.
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