Esenzione Ici/Imu per i fabbricati rurali, anche per impianti a biomassa

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In materia di Ici (e di Imu), un impianto destinato alla produzione di energia elettrica da biomassa, purché caratterizzato da un’elevata capacità produttiva e realizzato su un terreno agricolo, può rientrare nel regime di esenzione previsto dall’articolo 23, comma 1-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, a condizione che sia effettivamente legato allo svolgimento dell’attività agricola.

Lo afferma l’ordinanza n. 18844 del 10 luglio 2025 pronunciata dalla Corte di cassazione, affrontando il caso relativo ad un impianto per la produzione di energia elettrica da biomassa realizzato su un terreno agricolo. La questione centrale è se tale impianto possa beneficiare dellesenzione Ici/Imu prevista dall’art. 23, comma 1-bis, DL 207/2008, riconosciuta agli immobili strumentali all’attività agricola.

Mancata imposizione Ici su fabbricato classificato come rurale

Un Comune ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza emessa dalla Commissione tributaria regionale che confermava le conclusioni della Commissione tributaria provinciale riguardante la legittimità degli avvisi di accertamento Ici notificati dal Comune per l’anno d’imposta 2011.

In particolare, il Comune aveva contestato la mancata imposizione Ici su un fabbricato di proprietà della società contribuente, sostenendo che non potesse essere qualificato come “rurale” ai fini fiscali. Secondo l’ente locale, l’immobile, classificato catastalmente come D/10 (fabbricati rurali strumentali all’attività agricola), non avrebbe dovuto beneficiare automaticamente dell’esenzione prevista dalla normativa, poiché non ne ricorrevano i presupposti di fatto.

La Commissione tributaria provinciale, in primo grado, aveva parzialmente accolto i ricorsi della società contribuente, annullando in parte gli avvisi comunali ma compensando le spese di lite. Successivamente, la Commissione tributaria regionale, in appello, aveva riformato tale decisione, accogliendo integralmente le ragioni della società e annullando gli avvisi, riconoscendo che l’immobile, in quanto iscritto nella categoria catastale D/10, doveva essere considerato a tutti gli effetti un fabbricato rurale strumentale, quindi esente da Ici.

Contro tale pronuncia il Comune di Bergamo ha quindi proposto ricorso per cassazione, sostenendo che il giudice d’appello avesse errato nel ritenere sufficiente, ai fini dell’esenzione, la sola classificazione catastale senza verificare in concreto la sussistenza dei requisiti di ruralità.

Doglianza del Comune: mancata verifica della effettiva ruralità

Il Comune, con il primo motivo di ricorso, ha denunciato la violazione e falsa applicazione delle norme in materia di Ici, in particolare dell’art. 2, comma 1, lett. a), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, oltre che dell’art. 23, comma 1-bis, del d.l. 30 dicembre 2008, n. 207, convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14.

Secondo il Comune, la Commissione tributaria regionale – nell’accogliere l’appello della società contribuente e nell’annullare gli avvisi di accertamento – avrebbe adottato un approccio meramente formalistico. Il giudice di secondo grado, infatti, si sarebbe limitato ad attribuire valore esclusivo all’annotazione catastale di ruralità (categoria D/10), senza però verificare se tale classificazione corrispondesse realmente alla situazione di fatto e all’effettiva destinazione dell’immobile.

Il Comune ha sottolineato che il fabbricato oggetto di accertamento non poteva essere considerato “rurale” ai fini Ici soltanto in virtù della categoria catastale assegnata. A suo avviso, sarebbe stato necessario accertare se l’immobile fosse effettivamente utilizzato come strumento funzionale all’attività agricola, così come richiesto dalla normativa di riferimento, e potesse quindi legittimamente beneficiare del regime agevolato.

Il Comune ha inoltre osservato che la mera iscrizione in catasto con la categoria D/10 non rappresenta di per sé una garanzia della ruralità dell’immobile. Tale iscrizione, infatti, non esclude la possibilità di un utilizzo diverso da quello agricolo, che dovrebbe essere verificato caso per caso.

Da qui, la doglianza per un’erronea applicazione della legge da parte della Commissione tributaria regionale.

Posizione della Cassazione: sufficiente l’iscrizione in catasto come rurale

La Cassazione con l’ordinanza n. 18844 del 10 luglio 2025, nell’esaminare questo motivo, richiama la propria giurisprudenza consolidata, che riconosce come la categoria catastale D/10 attribuita a un immobile sia elemento determinante e sufficiente per il riconoscimento della ruralità e, quindi, per l’esenzione dall’Ici/Imu.

Il giudice di legittimità ribadisce che un fabbricato classificato catastalmente come D/10, in quanto immobile rurale strumentale, non è assoggettato a imposizione comunale, senza che occorra ulteriore verifica sull’effettivo utilizzo.

In altre parole, il legislatore ha attribuito alla classificazione catastale D/10 una valenza dirimente: se un edificio è registrato in questa categoria, si presume che sia effettivamente destinato a supportare l’attività agricola e, dunque, debba beneficiare delle agevolazioni fiscali.

Il giudice tributario non deve spingersi oltre per verificare l’effettiva funzione agricola dell’immobile, perché tale funzione è già implicita nella categoria attribuita.

Tale presunzione piò venire meno solo in sede giudiziaria con l’impugnazione dell’atto di classamento, ovvero in sede amministrativa, con la rettifica d’ufficio del classamento da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Impianti di biomassa

La Cassazione chiarisce inoltre che anche gli impianti di produzione di energia elettrica da biomassa ad elevata potenzialità, se costruiti su terreni agricoli e in connessione con l’attività agricola, rientrano a pieno titolo nella nozione di fabbricati rurali strumentali.

Questo significa che non solo i tradizionali edifici agricoli (stalle, fienili, magazzini), ma anche le strutture innovative destinate a produrre energia da fonti rinnovabili, quando collegate al ciclo produttivo agricolo, devono beneficiare dell’esenzione Ici/Imu. La ragione è che la produzione energetica da biomasse agricole rappresenta una forma di valorizzazione dei prodotti e dei sottoprodotti dell’attività agricola stessa, e quindi va considerata come attività strumentale.

La Corte richiama qui la normativa che riconosce la ruralità anche agli immobili destinati alla produzione di energia da fonti rinnovabili agricole, confermando che il beneficio fiscale si applica a pieno titolo.

In sintesi: la categoria catastale D/10 è di per sé sufficiente a qualificare l’immobile come rurale strumentale. Non è necessaria un’ulteriore verifica di fatto. Anche gli impianti a biomassa possono rientrare nella nozione di fabbricato rurale strumentale se collegati all’attività agricola.

Sul difetto di motivazione

Con il secondo motivo il Comune ha lamentato la nullità della sentenza impugnata per difetto di motivazione, richiamando l’art. 132, n. 4, c.p.c. e l’art. 36, comma 2, n. 4, del D.lgs. n. 546/1992.

Secondo l’ente locale, la Commissione tributaria regionale si sarebbe limitata ad affermare che il fabbricato in questione, essendo stato iscritto nella categoria catastale D/10, doveva essere considerato automaticamente come immobile rurale strumentale, senza però spiegare in modo adeguato le ragioni della propria decisione.

Il Comune ha sostenuto che la sentenza di secondo grado sarebbe carente o apparente nella motivazione, poiché non avrebbe affrontato i punti centrali della controversia.

La Corte di Cassazione non ha condiviso questa censura.

Ha ricordato che, per configurare un vizio di motivazione rilevante ai sensi dell’art. 132 c.p.c., occorre che la sentenza sia totalmente priva di ragioni, oppure che queste siano talmente contraddittorie o incomprensibili da non consentire di individuare l’iter logico-giuridico seguito dal giudice.

Nel caso concreto, la motivazione della Commissione tributaria regionale non può essere considerata inesistente: essa, pur in forma sintetica, ha individuato chiaramente la ragione della decisione, ossia il fatto che l’immobile fosse classificato nella categoria catastale D/10. Questa sola circostanza, alla luce della normativa vigente e della giurisprudenza di legittimità, era sufficiente per riconoscere la ruralità e quindi l’esenzione dall’imposta.

Dunque, anche il secondo motivo di ricorso del Comune è stato ritenuto infondato e quindi respinto.

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