Eredità digitale. Salva la volontà del defunto tranne nei casi di tutela patrimoniale
Pubblicato il 05 dicembre 2018
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Il trattamento dei dati personali delle persone decedute, alla luce del Dlgs n. 101/2018 che ha modificato il Codice della privacy per adeguarlo al regolamento (UE) 2016/679 (GDPR), è l’argomento trattato da Assonime nella circolare n. 25 del 3 dicembre 2018.
La tutela dei dati personali dei defunti non è disciplinata dal GDPR, ma gli Stati membri hanno la facoltà di fissare regole a tutela dei diversi soggetti interessati.
Trattamento dei dati personali delle persone decedute
La mancata applicazione del Regolamento Ue ai dati personali delle persone decedute, soggetti invece a norme ad hoc emanate dai singoli Stati membri, ha portato - nel nostro ordinamento - all’emanazione del Dlgs n. 101/2018, il quale ha modificato l’articolo 2-terdecies del Codice della privacy, in applicazione appunto del suddetto Regolamento Ue 2016/679.
Tale norma sancisce, limitatamente all’offerta di servizi della “società dell’informazione”, che l’esercizio dei diritti relativi ai dati personali del defunto è precluso se l’interessato abbia vietato espressamente l’esercizio dei diritti relativi ai propri dati personali da parte di terzi.
La legge intende per “servizi della società dell’informazione, qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi”, come possono essere, per esempio, i messaggi di posta elettronica memorizzati in un servizio di webmail e i documenti, come testi, immagini, filmati, in un cloud.
Pertanto, è consentito all’interessato di vietare l’accesso a questi dati – o solo ad alcuni di essi – dopo la sua morte, tranne che si tratti di un accesso ai dati personali del defunto che venga richiesto per ragioni di tutela patrimoniale o al fine di far valere un diritto in giudizio.
Ovviamente una volontà in tal senso deve essere espressa mediante una “dichiarazione scritta presentata al titolare del trattamento o a quest’ultimo comunicata”.
Nello specifico, dunque, due sono i casi nei quali è ammesso l’esercizio di tale diritto all’oblio:
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quando è la legge a stabilirlo, con riferimento alle informazioni soggette a un regime di segretezza in ragione della tutela di preminenti interessi pubblici (per esempio l’ordine pubblico) ;
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quando sia stato direttamente l’interessato a precluderlo nelle ipotesi di offerta diretta di servizi della società dell’informazione, nel rispetto della sua volontà per quanto concerne la cosiddetta eredità digitale.
Tutela dell’eredità digitale del defunto
Obiettivo della legge è quello di assicurare il rispetto della volontà dell’interessato per quanto concerne la sua eredità digitale, ossia l’insieme delle informazioni relative alla persona che sono in possesso del gestore del servizio in quanto memorizzate su una piattaforma social, un archivio di posta elettronica o altro simile apparato.
Tuttavia, vi è anche da precisare che tale volontà del defunto ha però dei limiti. Specifica, infatti, la legge che “in ogni caso, il divieto non può produrre effetti pregiudizievoli per l’esercizio da parte dei terzi dei diritti patrimoniali che derivano dalla morte dell’interessato nonché del diritto di difendere in giudizio i propri interessi”.
In altre parole, ciò vuol dire che nonostante il divieto manifestato dal defunto, l’operatore non può rifiutare al terzo l’accesso ai dati del defunto qualora il terzo agisca a tutela di suoi diritti patrimoniali (erede o avente causa) o per far valere in giudizio i suoi interessi.
- eDotto.com – Edicola del 12 novembre 2018 - GDPR. Scheda informativa sui diritti esercitabili dagli interessati – Schiavone
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