Equa riparazione. Non ci si discosta, irragionevolmente, dai criteri CEDU
Autore: Eleonora Mattioli
Pubblicato il 27 gennaio 2015
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In tema di equa riparazione, il giudice interno, pur mantenendo un margine di discrezionale valutazione, non può tuttavia discostarsi dai criteri in proposito elaborati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo.
E’ ciò che ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza n. 1364 depositata il 26 gennaio 2015, con cui ha accolto un ricorso avverso la statuizione della Corte d’Appello relativa alla cifra liquidata a titolo di risarcimento danni per irragionevole durata del processo, considerata eccessivamente esigua. Ha conseguentemente disposto la liquidazione in maggior misura.
Secondo la Corte di legittimità, in tema di equa riparazione, gli importi concessi dal giudice nazionale a titolo di risarcimento danni, possono essere anche inferiori a quelli liquidati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (in considerazione alla tradizione giuridica ed al tenore di vita del paese interessato), purché, come invece avvenuto nella fattispecie, non risultino irragionevoli.
E’ pertanto configurabile, in capo al giudice, un obbligo di tener conto dei criteri adottati dalla CEDU, pur mantenendo un margine di discrezione che gli consenta di discostarsene, pur tuttavia ragionevolmente e con idonea motivazione.
Nel caso di specie, per contro, la Corte d’Appello aveva violato i suddetti criteri, senza tra l’altro motivare analiticamente la disposta liquidazione nella misura di meno di 200 euro l'anno.
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