Domanda di condanna del custode inammissibile se richiesta, per la prima volta, in appello
Autore: Eleonora Mattioli
Pubblicato il 25 febbraio 2015
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Il divieto di proporre domande nuove in appello ex art. 345 c.p.c., si estende anche a quelle domande che introducono la necessità di svolgere accertamenti in ordine a fatti ulteriori e diversi rispetto a quelli dedotti in primo grado.
E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, terza sezione civile, con sentenza n. 3589, depositata il 24 febbraio 2015, in parziale accoglimento delle ragioni dedotte dai ricorrenti.
Questi ultimi, in particolare, si erano visti condannare in secondo grado, in qualità di comproprietari di una cava, al risarcimento dei danni subiti dagli eredi in conseguenza della morte del loro congiunto, avvenuta accidentalmente all’interno della cava medesima.
La Cassazione, nella presente pronuncia, ha evidenziato come la Corte territoriale abbia errato nel condannare i ricorrenti ai sensi dell’art. 2051 c.c., senza che in primo grado fosse stata invocata l’applicazione di tale norma.
Nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, infatti, si faceva esclusivamente riferimento, piuttosto che alla responsabilità per “custodia”, ad una condotta colposa dei convenuti ex art. 2043 c.c., per non aver dotato la cava di adeguate misure di sicurezza. Ed è indubbio, in proposito, come la disciplina di cui all’art. 2043 c.c. e quella di cui all’art. 2051 c.c. si fondino su presupposti di fatto del tutto diversi.
La richiesta di condanna ex art. 2051 c.c. , costruisce pertanto domanda nuova e, come tale, ex art. 345 c.p.c., non proponibile per la prima volta in appello; laddove per “domanda nuova”, si intende appunto –ha poi specificato la Cassazione - non solo quella che amplia l’oggetto del pronuntiare, ma anche quella che estende l’oggetto del cognoscere, comportando accertamenti relativamente a fatti diversi rispetto a quelli dedotti in primo grado.
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