Delibera societaria riduzione del quorum. Recesso dissenzienti illegittimo
Pubblicato il 03 giugno 2017
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Non è legittimo il diritto di recesso esercitato dai soci dissenzienti, in caso di adozione di deliberazione con cui la società aveva abbassato i quorum deliberativi per l’assemblea ordinaria e straordinaria, adeguandoli alle previsioni di cui agli artt. 2368 e 2369 c.c.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, prima sezione civile - respingendo il ricorso di alcuni soci che chiedevano dichiararsi la legittimità del loro recesso – fornendo una specifica interpretazione dell’art. 2947 quater c.c., che stabilisce i casi ove il diritto di diritto di recesso del socio (di società soggetta ad attività di direzione e coordinamento), possa ritenersi giustificato.
Nel caso di delibera che disponga – come nella specie – la modificazione del quorum, i diritti di voto nel loro assetto statutario non sono affatto modificati, né direttamente né indirettamente.Ciò che eventualmente si modifica è il “peso” del voto che, a seconda dei casi, può aumentare o diminuire in maniera più o meno rilevante; mentre il diritto di voto commisurato alle azioni rimane immutato.
In questo caso, dunque, si verifica semmai in via di mero fatto un ipotetico pregiudizio del titolare di quel pacchetto azionario che, prima della delibera, poteva condizionare le scelte della società, mentre dopo la delibera non può più farlo perché la modificazione del quorum non glielo consente (il che è per l’appunto quanto lamentato dai soci ricorrenti, sostenendo che il peso delle loro azioni si sarebbe ridotto per effetto dell’abbassamento del quorum).
Recesso consentito solo per alterazioni economico patrimoniali
Ma nel nostro ordinamento, statuiscono gli ermellini, l’art. 2497 quater c.c. ha inteso collegare il diritto di recesso del socio, non ad un qualunque pregiudizio per lo stesso, ma solo laddove la società abbia deliberato una trasformazione in grado di alterare in modo sensibile le condizioni economiche e patrimoniali, ovvero le condizioni di rischio dell’investimento.
La disposizione normativa in esame, in altre parole, non guarda ad una non definita incidenza de facto delle modifiche statutarie latamente attinenti a diritti di voto o di partecipazione, né consente di valorizzare la generica idoneità di dette modifiche a ledere gli interessi del socio azionista. Dunque la considerazione delle ricadute sfavorevoli sulla posizione del socio del tutto estranee alla fattispecie disegnata dal legislatore – conclude la Corte con sentenza n. 13875 del primo giugno 2017 – non può costituire il punto di partenza di un’interpretazione dilatata sino a comprendervi anche la delibera di modifica del quorum.
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