Definizione controversie tributarie. Le precisazioni dell’Agenzia
Pubblicato il 11 aprile 2019
In questo articolo:
- Ambito di applicazione
- La domanda di definizione
- Liti definibili
- Valore della controversia
- Riduzione degli importi
- Soccombenza parziale
- Controversie aventi ad oggetto solo sanzioni
- Scomputo degli importi già versati
- Rettifica di perdite
- Pendenza della lite
- Rapporti con la rottamazione-bis e perfezionamento della definizione
- Sospensione dei processi e dei termini di impugnazione
- Diniego della definizione
- Estinzione del giudizio
- Definizione agevolata per società e associazioni sportive dilettantistiche
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L’Agenzia delle Entrate ha fornito i primi utili chiarimenti sulla definizione delle liti pendenti e lo fa con una corposa circolare, la n. 6 del 1° aprile 2019, che analizza in dettaglio l’articolo 6 del D.L. 119 del 23 ottobre 2018 (Conv. nella Legge n.136 del 17 dicembre 2018) ed effettua alcune precisazioni sulle disposizioni del successivo articolo 7, con riferimento alle società o associazioni sportive dilettantistiche iscritte al registro del CONI al 31 dicembre 2017, per le quali è previsto un analogo beneficio con alcune differenziazioni.
La definizione è ammessa soltanto per le liti tributarie in cui è parte l'Agenzia delle Entrate (chiamata in giudizio o intervenuta volontariamente), che hanno ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado di giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio, nelle quali il ricorso sia stato notificato entro il 24 ottobre 2018, e per le quali alla data di presentazione della domanda il processo non si è concluso con una pronuncia definitiva.
Per la domanda si deve usare il modello approvato il 18 febbraio 2019, che dovrà essere trasmesso all’Agenzia delle Entrate entro il 31 maggio 2019.
Si dovrà, inoltre, provvedere ad effettuare il versamento del dovuto per l'intero importo agevolato, o la prima rata nel caso di rateazione per importi superiori a mille euro.
Dagli importi dovuti si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio. La definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate anche se eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione.
Non possono essere definite le liti che hanno ad oggetto ruoli, cartelle di pagamento e avvisi di liquidazione e, in linea generale, non possono essere definite le controversie che hanno ad oggetto i ruoli per imposte e ritenute che, sebbene indicate in dichiarazione, non sono state versate poiché in questi casi al recupero delle imposte non versate si provvede attraverso un atto di semplice riscossione.
Sono ammessi alla definizione i ruoli che scaturiscono dalla rettifica di alcuni dati indicati in dichiarazione, per esempio, in caso di riduzione o esclusione delle deduzioni e detrazioni non spettanti sulla base dei dati dichiarati dai contribuenti. In questo caso, il ruolo assolve una funzione di provvedimento impositivo, in quanto scaturisce dalla rettifica della dichiarazione.
Ambito di applicazione
Per individuare le liti definibili, bisogna tenere conto della natura tributaria della materia oggetto di giudizio del soggetto parte pubblica e della tipologia di atto impugnato.
Possono essere definite le liti relative a questioni devolute alla giurisdizione tributaria pendenti presso:
- le Commissioni tributarie provinciali, regionali e quelle di primo e di secondo grado di Trento e Bolzano, anche a seguito di rinvio;
- la Corte di Cassazione.
Sono definibili anche le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria erroneamente instaurate davanti al Giudice ordinario o a quello amministrativo. Non son definibili le controversie in materie diverse da quelle tributarie erroneamente instaurate presso le Commissioni tributarie.
L’Agenzia delle Entrate deve essere parte della lite che si vuole definire e non rientrano nell’ambito di applicazione della disciplina le controversie instaurate contro enti impositori diversi dalla stessa Agenzia, come l’Agenzia delle dogane e dei monopoli.
Per identificare le liti in cui è parte l’Agenzia, si deve fare riferimento alla nozione di parte in senso formale e, quindi, alle sole ipotesi in cui l’Agenzia delle Entrate sia stata evocata in giudizio o comunque, sia intervenuta.
Non sono definibili le liti instaurate verso atti dell’agente della riscossione nelle quali l’Agenzia delle entrate, pur essendo titolare del rapporto giuridico sostanziale dedotto in giudizio, non sia stata destinataria dell’atto di impugnazione e non sia stata successivamente chiamata in giudizio o intervenuta volontariamente.
Sono, inoltre, escluse dalla definizione le controversie che vertono su sanzioni amministrative non tributarie, anche se l’Agenzia delle Entrate é stata chiamata in giudizio.
La domanda di definizione
Per la definizione bisogna presentare un’apposita domanda, da inoltrare telematicamente all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate parte in giudizio, compilando il modello conforme a quello approvato con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 18 febbraio 2019.
NB! – Si deve tenere presente che ai fini della definizione, la lite deve essere ancora pendente alla data di presentazione della domanda. |
L’onere di presentare la domanda di definizione grava sul “soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio” o su “chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione”.
La domanda dovrà essere presentata entro il 31 maggio 2019 e per ciascuna controversia autonoma andrà presentata una distinta domanda di definizione, esente dall’imposta di bollo, ed effettuato un distinto versamento.
Per controversia autonoma si intende quella relativa a ciascun atto impugnato.
Qualora con il medesimo ricorso introduttivo del giudizio siano stati impugnati più atti, il ricorrente è tenuto a presentare una distinta domanda per ciascun atto, inoltre, ciascuna controversia autonoma deve essere integralmente definita e non sono ammesse definizioni parziali dei singoli atti impugnati.
E’ irrilevante l’eventuale riunione di più giudizi, posto che di regola in questo caso va presentata una distinta domanda per ciascun atto impugnato. Ciò comporta, fra l’altro, che è ammissibile la definizione parziale delle controversie introdotte con ricorso cumulativo, oppure oggetto di riunione da parte del giudice. In tal caso, la definizione comporta l’estinzione solo “parziale” del giudizio, che prosegue per la parte non oggetto di definizione.
Liti definibili
La definizione può riguardare solo controversie aventi ad oggetto atti impositivi, ovvero avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione di sanzioni, atti di recupero dei crediti d’imposta indebitamente utilizzati e ogni altro atto che rechi una pretesa tributaria quantificata.
Restano escluse dalla definizione le liti verso gli atti diversi da quelli precedentemente indicati, tra cui quelli che non costituiscono atti impositivi o che non recano una pretesa tributaria determinata.
Sono esclusi dalla definizione:
- dinieghi espressi o taciti di rimborso.
Tali controversie non attengono a una pretesa dell’Agenzia di tributi o sanzioni amministrative, ma a un’istanza di restituzione di somme che il contribuente ritiene indebitamente versate.
- atti che non contengono una pretesa tributaria quantificata.
Una vertenza relativa ad un spettanza di un’agevolazione non può essere definita in quanto in essa non si si fa questione di una somma pretesa dall’Agenzia delle Entrate, in base alla quale determinare il quantum dovuto per la definizione agevolata. Le controversie aventi ad oggetto le agevolazioni sono definibili solo allorché l’Agenzia delle Entrate, con l’atto impugnato, non si sia limitata a negare o a revocare il beneficio, ma abbia contestualmente accertato e richiesto anche il tributo o il maggior tributo dovuto.
Per le stesse ragioni è esclusa la definibilità agevolata di quelle liti nelle quali non sia possibile determinare un valore su cui calcolare le somme dovute, quali quelle relative ai provvedimenti di attribuzione della rendita catastale o alla cancellazione di enti dal registro delle ONLUS;
- dinieghi di precedenti definizioni agevolate.
Il riferimento va in questo caso ai rapporti tributari e alle liti che hanno usufruito di precedenti definizioni agevolate, con particolare riferimento a quelle connesse alla corretta applicazione delle stesse, quali quelle concernenti il rigetto di una precedente domanda di definizione agevolata, ovvero l’esatta determinazione delle somme dovute dal contribuente ai fini della definizione agevolata. Sono comunque le liti “originarie”, per le quali non è stata perfezionata una precedente definizione.
- ruoli, cartelle di pagamento e avvisi di liquidazione.
Sono esclusi i giudizi riguardanti gli atti di mera riscossione, quali ruoli, cartelle di pagamento e avvisi di liquidazione. In linea generale, non sono definibili le controversie aventi ad oggetto i ruoli per imposte e ritenute che, sebbene indicate dai contribuenti e dai sostituti d’imposta nelle dichiarazioni presentate, risultano non versate.
I ruoli derivanti dall’attività di controllo automatizzato ex articolo 36-bis, DPR 600/1973 possono scaturire anche dalla rettifica di dati indicati nelle dichiarazioni, in tal caso si tratta di atti a carattere impositivo le cui controversie rientrano nell’ambito di applicazione della definizione.
Stesso discorso per le liti sui ruoli emessi a seguito di controllo formale (articolo 36-ter, DPR 600/1973), per gli avvisi di liquidazione dell’imposta di registro che esprimono per la prima volta una pretesa fiscale maggiore di quella applicata al momento della richiesta di registrazione.
Relativamente agli avvisi di liquidazione dell’imposta di successione, la lite non è definibile se l’ufficio si è limitato a determinare il tributo dovuto secondo i dati dichiarati dal contribuente, e non ha anche escluso riduzioni e/o detrazioni.
- sanzioni per omesso o ritardato versamento.
L’esclusione delle sanzioni deriva dall’esclusione delle liti aventi oggetto atti di mera riscossione. Alle suddette liti, in cui il tributo è stato pagato o definito, non si applica la previsione secondo cui, qualora si tratti di “controversia relativa esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, per la definizione non è dovuto alcun importo relativo alle sanzioni qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla presente definizione.
- tasse automobilistiche.
La definizione è possibile, nelle Regioni a statuto speciale nelle quali è parte l’Agenzia delle Entrate, solo se le liti derivano da atti impositivi diversi dalla mera liquidazione dell’obbligazione tributaria o dal recupero di versamenti omessi.
- accertamenti riguardanti società di persone.
L’atto impugnato dalla società, sebbene contenga l’indicazione dell’ammontare del (maggior) reddito da imputare per trasparenza ai soci, non reca alcuna quantificazione né delle imposte né delle sanzioni dovute dai soci. La società può definire la lite solo per le imposte accertate nell’atto e di sua competenza (ad esempio, l’Irap), senza alcun effetto nei confronti dei soci con riguardo ai redditi di partecipazione.
Infine, vi sono i contributi e i premi previdenziali e assistenziali, che rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, e gli atti relativi alle risorse proprie tradizionali dell’UE, Iva riscossa all’importazione e aiuti di Stato dichiarati in contrasto con il diritto comunitario, che sono esclusi dalla norma.
Valore della controversia
Il valore della controversia coincide con quello del tributo in contestazione (al netto degli interessi e delle sanzioni) e nelle liti relative esclusivamente all’irrogazione di sanzioni, con la somma delle sanzioni in contestazione.
Nel determinare il valore della lite, vanno esclusi gli eventuali importi che non rientrano nella materia del contendere, come in caso di:
- contestazione parziale dell’atto impugnato;
- formazione di un giudicato interno;
- conciliazione o mediazione perfezionate senza definire per intero la lite;
- parziale annullamento dell’atto a seguito di autotutela da parte dell’ufficio.
NB! - Non rilevano le eventuali proposte di accordo relative a mediazioni, conciliazioni o accertamenti con adesione, non perfezionatisi, a cui hanno fatto seguito la costituzione in giudizio, la prosecuzione o l’instaurazione del giudizio da parte del contribuente. |
Riduzione degli importi
Per determinare gli importi dovuti per la definizione, al valore della controversia vanno applicate alcune percentuali di riduzione, che variano a seconda dello stato e del grado in cui pende la vertenza.
100% del valore della controversia
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L’Agenzia è risultata vincitrice nell’ultima o unica pronuncia depositata al 24 ottobre 2018. Il contribuente al 24 ottobre 2018, ha notificato il ricorso all’Agenzia, ma a quella data non si è ancora costituito in giudizio tramite il deposito o la trasmissione del ricorso alla segreteria della CTP. |
90% del valore della controversia
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Il contribuente al 24 ottobre 2018, si è costituito in giudizio, ma alla stessa data, la Commissione non ha ancora depositato una pronuncia giurisdizionale. Al 24 ottobre 2018 pendono i termini per la riassunzione a seguito di sentenza di cassazione con rinvio o pende il giudizio di rinvio a seguito di avvenuta riassunzione. |
40 o 15% del valore della controversia
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L’Agenzia delle Entrate è risultata soccombente nell’ultima o unica pronuncia depositata al 24 ottobre 2018 (40%, se di primo grado; 15%, se di secondo grado). Queste percentuali valgono anche nell’ipotesi in cui la CTP o la CTR si sono pronunciate in qualità di giudici del rinvio. |
5% del valore della controversia |
Si applica solo se il ricorso pende innanzi alla Corte di cassazione al 19 dicembre 2018 (data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L.119/2018) a seguito di avvenuta notifica alla controparte e l’Agenzia è rimasta integralmente soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio. |
Soccombenza parziale
Nei casi di parziale o reciproca soccombenza del contribuente e dell’Agenzia nell’unica o ultima pronuncia depositata al 24 ottobre 2018, si applicano sia la percentuale ridotta, stabilita per la soccombenza dell’Agenzia, sia quella del 100%, fissata per la soccombenza del contribuente.
Nello specifico:
- in caso di reciproca soccombenza nella pronuncia della CTP, si applica il 40% sulla parte del valore della lite per la quale la pronuncia ha statuito la soccombenza dell’Agenzia e il 100% sulla restante parte;
- in caso di reciproca soccombenza nella pronuncia della CTR, si applica il 15% sulla parte del valore della lite per la quale la pronuncia ha statuito la soccombenza dell’Agenzia e il 100% sulla restante parte.
Controversie aventi ad oggetto solo sanzioni
Le controversie relative alle sanzioni non collegate al tributo possono essere definite pagando:
- il 15% del valore della controversia, se l’Agenzia è risultata soccombente nell’ultima o unica pronuncia depositata al 24 ottobre 2018;
- il 40% del valore della controversia, se il contribuente è risultato soccombente nell’ultima o unica pronuncia depositata al 24 ottobre 2018 o a tale data non è stata ancora depositata alcuna pronuncia oppure a seguito di pronuncia di cassazione con rinvio, per la quale è stata proposta riassunzione o pende il relativo termine.
Tali percentuali si applicano per tutti i casi di lite pendente, anche se in Cassazione ed eventualmente anche interessate da soccombenza integrale dell’Agenzia nei precedenti gradi di giudizio.
Per le liti riguardanti le sole sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono (sono quelle previste per le violazioni che hanno inciso sulla determinazione o sul versamento del tributo), occorre verificare se l’importo relativo agli stessi tributi sia stato comunque pagato.
In tali casi, non deve essere versato nulla e la lite si definisce con la sola presentazione della domanda, entro il 31 maggio 2019.
In caso di mancata definizione dell’importo concernente i tributi, le liti sulle sole sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, sono definibili sulla base delle percentuali descritte in precedenza, incluse quelle previste in caso di reciproca soccombenza.
NB! - Se la reciproca soccombenza riguarda una lite che ha ad oggetto solo sanzioni non collegate al tributo, per la definizione è dovuto il pagamento di un importo pari al 15% della parte del valore della lite per la quale l’Agenzia è risultata soccombente e del 40% della restante parte. |
Scomputo degli importi già versati
Dall’importo dovuto per la definizione vanno scomputati quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio.
Il riferimento va a tutti gli importi in contestazione di spettanza dell’Agenzia delle Entrate, già pagati in esecuzione dell’atto impugnato (esclusi gli importi che spettano all’Agente della riscossione, come aggi e spese per le procedure esecutive e di notifica), nonché delle somme pagate ai fini della “rottamazione-bis” (eccetto gli importi spettanti all’agente della riscossione).
Se si presenta la domanda di definizione delle liti pendenti, non vanno più versate le residue somme dovute per la rottamazione.
Se quanto versato in pendenza di giudizio o per la rottamazione risulta maggiore o uguale all’importo lordo dovuto per la definizione della lite, questa si perfeziona con la sola presentazione della domanda entro il 31 maggio.
Se, invece, le somme versate in pendenza di giudizio sono di importo superiore a quello lordo dovuto per la chiusura della lite, non vi sarà nessun rimborso.
Rettifica di perdite
Per la definizione delle liti originate dall’impugnazione di un atto di accertamento con cui sono state rettificate le perdite, occorre distinguere se il contribuente intende o meno affrancare la perdita.
Nella prima ipotesi, il valore della lite è dato dalla maggiore imposta accertata e le perdite rettificate non sono utilizzabili.
Nella seconda ipotesi, il valore della lite si ottiene sommando alle maggiori imposte accertate anche l’imposta “virtuale” commisurata all’ammontare delle perdite in contestazione.
In tal caso, la definizione della lite comporta l’utilizzabilità delle perdite oggetto di rettifica (se la rettifica non ha comportato accertamento di imposte, il valore della lite è dato dalla sola imposta “virtuale”, ottenuta applicando le aliquote vigenti per l’annualità accertata all’importo risultante dalla differenza tra la perdita dichiarata e quella accertata).
Pendenza della lite
E’ importante tenere in considerazione che la definizione delle liti può riguardare solo i rapporti pendenti al 24 ottobre 2018 (cioè, con ricorso introduttivo notificato alla controparte)
Sono esclusi:
- i rapporti esauriti al 24 ottobre 2018, in quanto già regolati da pronunce definitive per mancata impugnazione ovvero da sentenze della Cassazione, senza rinvio al giudice di merito;
- i rapporti (anche se pendenti al 24 ottobre 2018) esauriti alla data di presentazione della domanda di definizione, a seguito di deposito di sentenza della Cassazione, senza rinvio al giudice di merito;
- i rapporti per i quali al 24 ottobre 2018 e alla data di presentazione della domanda, si sia già perfezionata la mediazione tributaria o la conciliazione giudiziale.
Sono da considerarsi pendenti ai fini della definizione agevolata:
- le controversie per le quali alla data del 24 ottobre 2018 sia stato proposto l’atto introduttivo del giudizio di primo grado, non definite alla data di presentazione della domanda di definizione. Per i giudizi innanzi alle commissioni tributarie, occorre fare riferimento alla data in cui il ricorso introduttivo, anche se ricadente nella disciplina del reclamo e della mediazione, è stato notificato all’Ufficio, non essendo necessario che entro il 24 ottobre 2018, vi sia stata anche la costituzione in giudizio;
- le liti interessate da una pronuncia in primo o in secondo grado i cui termini di impugnazione non siano ancora scaduti alla data del 24 ottobre 2018;
- le liti pendenti innanzi al giudice del rinvio o infine, quelle per le quali siano ancora in corso, al 24 ottobre 2018, i termini per la riassunzione.
Non possono, invece, essere definite le liti potenziali, in cui il ricorso di primo grado non sia stato notificato alla data del 24 ottobre 2018, pur essendo pendenti alla medesima data i termini di impugnazione di un atto impositivo notificato al contribuente.
L’Agenzia ritiene (sebbene non previsto espressamente dalla norma), che sono ammesse alla definizione anche le liti instaurate mediante ricorsi affetti da vizi di inammissibilità, in quanto proposti oltre i termini prescritti dalla legge (ricorso tardivo), ovvero privi dei requisiti di forma e di contenuto previsti dall’articolo 18 del D.Lgs. n. 546 del 31 dicembre 1992, purché entro il 24 ottobre 2018 sia stato notificato il ricorso in primo grado e per le quali, alla data di presentazione della domanda di definizione, non sia intervenuta una pronuncia della Cassazione che ne abbia statuito l’inammissibilità.
L’Agenzia ritiene definibili anche le liti interessate da sentenze per le quali pendono i termini per la proposizione della revocazione ordinaria, ad esclusione delle liti per le quali è stata depositata sentenza della Corte di cassazione senza rinvio, che si considerano comunque definitive, mentre deve escludersi in ogni caso la possibilità di definizione delle liti nelle quali siano state pronunciate sentenze impugnabili tramite la revocazione straordinaria, atteso che detta impugnazione non preclude il passaggio in giudicato delle sentenze.
NB! - Non può configurarsi pendenza della lite nell’ipotesi in cui alla data del 24 ottobre 2018 sia stata proposta la revocazione straordinaria, in quanto soltanto la pronuncia che accoglie la domanda di revocazione può far venir meno la sentenza impugnata. |
Rapporti con la rottamazione-bis e perfezionamento della definizione
Per quanto concerne i rapporti con la rottamazione Bis, è necessario per il perfezionamento della lite, il versamento, entro il 7 dicembre 2018, delle somme dovute per la rottamazione-bis in scadenza nei mesi di luglio, settembre e ottobre 2018. In assenza di tale versamento, l’istanza di definizione della lite non viene accolta.
La definizione si perfeziona con il pagamento, entro il 31 maggio 2019, dell’intera somma da versare oppure della prima rata e con la presentazione della domanda entro lo stesso termine.
Se non vi sono importi da versare, bisogna solo presentare la domanda.
E’ ammesso il pagamento rateale esclusivamente se l’importo da versare supera 1.000 euro per ciascuna controversia.
Sono possibili, al massimo, venti rate trimestrali di pari importo, di cui la prima scade il 31 maggio 2019, quelle successive il 31 agosto, 30 novembre, 28 febbraio e 31 maggio di ciascun anno a partire dal 2019.
Se si sceglie un numero inferiore di rate, devono essere comunque di pari importo e corrisposte trimestralmente.
NB! - Sulle rate successive alla prima si applicano gli interessi legali dal 1° giugno 2019 fino alla data del versamento. |
Non ci si può avvalere dell’istituto della compensazione e, in caso di compensazione dell’intero importo o della prima rata, la definizione non si considera perfezionata e verrà notificato il diniego entro il 31 luglio 2020.
Per ciascuna controversia autonoma, va presentata una distinta domanda di definizione e va effettuato un separato versamento, anche nel caso in cui con il medesimo ricorso introduttivo siano stati impugnati più atti o se più giudizi siano stati riuniti dall’Organo giurisdizionale.
Il versamento va effettuato tramite modello F24, indicando i codici tributo istituiti con la risoluzione n. 29 del 21 febbraio 2019.
In presenza di più coobbligati, la definizione effettuata da parte di uno di essi esplica efficacia anche a favore degli altri.
Ciascun coobbligato solidale che si avvale della definizione non può scomputare dalle somme dovute per la definizione i versamenti già effettuati provvisoriamente dagli altri coobbligati che non si avvalgono personalmente della definizione.
Lo scomputo è ammesso solo per le somme versate in via provvisoria dagli altri coobbligati che comunque si avvalgono a loro volta della definizione.
Sospensione dei processi e dei termini di impugnazione
Per la definizione delle liti pendenti non è prevista la sospensione automatica dei processi oggetto della definizione agevolata.
I giudizi definibili possono essere sospesi su richiesta del contribuente (o del difensore) rivolta al giudice presso il quale la causa è pendente, senza che dalla domanda conseguano effetti vincolanti per l’adesione.
Dopo aver presentato la domanda di definizione, il contribuente deve depositare, entro il 10 giugno 2019, copia della domanda e del relativo versamento (se dovuto) per ottenere la sospensione del giudizio fino al 31 dicembre 2020.
La richiesta di sospensione può essere opportuna in particolar modo per le controversie pendenti in Cassazione, per evitare che il deposito della pronuncia della Corte definisca il giudizio, impedendo l’accesso alla definizione.
Per tutte le controversie definibili, sono automaticamente sospesi per nove mesi i termini, nel periodo tra il 24 ottobre 2018 e il 31 luglio 2019, per impugnare le pronunce, per riassumere la causa a seguito di rinvio e per proporre controricorso innanzi alla Cassazione.
Dalla sospensione automatica sono esclusi tutti gli altri termini processuali, compresi quelli per la proposizione del ricorso in primo grado e quelli per la costituzione in giudizio del contribuente e dell’ufficio nelle Commissioni tributarie.
I nove mesi di sospensione si aggiungono al termine di scadenza calcolato secondo le ordinarie regole processuali.
La sospensione resta di nove mesi anche quando si sovrappone al periodo di sospensione feriale dei termini.
Diniego della definizione
Gli uffici dell’Agenzia devono verificare la regolarità della domanda e la ricorrenza dei presupposti richiesti dalla legge.
L’eventuale diniego di definizione, sarà notificato al contribuente entro il 31 luglio 2020, scaduto il quale la definizione si ritiene validamente perfezionata.
Le verifiche devono riguardare la sussistenza dei presupposti, formali e sostanziali, per la validità e il perfezionamento della definizione, in particolare viene verificata:
- la definibilità della lite;
- il versamento entro il 7 dicembre 2018 delle somme dovute per la “rottamazione-bis”, in scadenza nei mesi di luglio, settembre e ottobre 2018;
- la tempestività della domanda di definizione, anche se non vi siano importi da versare;
- il corretto ammontare degli importi versati;
- la tempestività dei versamenti.
NB! - Il provvedimento di diniego è impugnabile, entro 60 giorni dalla notifica, con ricorso innanzi allo stesso giudice presso il quale la lite è pendente. |
Estinzione del giudizio
I giudizi oggetto di definizione, per i quali il contribuente ha richiesto al giudice la sospensione fino al 31 dicembre 2020 mediante deposito della domanda di definizione e del relativo versamento, si estinguono automaticamente allo scadere della sospensione, salvo che la parte che ne abbia interesse presenti, entro lo stesso termine, l’istanza di trattazione.
I giudizi per i quali il contribuente ha presentato istanza di sospensione, senza poi presentare la domanda di definizione, allo scadere di quella data proseguono senza che sia necessario presentare istanza di trattazione.
Definizione agevolata per società e associazioni sportive dilettantistiche
Per le società e le associazioni sportive dilettantistiche iscritte nel registro del Coni al 31 dicembre 2017 vi è una particolare tipologia di definizione agevolata, che riguarda le sole liti pendenti presso le Commissioni tributarie.
Per quelle pendenti in Cassazione, tali soggetti possono avvalersi della definizione agevolata prevista per la generalità dei contribuenti.
Per le società e le associazioni sportive dilettantistiche sono definibili (secondo quanto previsto dall’articolo 7 del D.L. 119/2018) solo le liti aventi ad oggetto avvisi di accertamento in materia di Ires, Irap e Iva riferite a periodi d’imposta nei quali la società o associazione risultava iscritta nel citato registro.
La definizione è preclusa se l’ammontare delle imposte in contestazione (non quelle accertate), relativamente a ciascun periodo d’imposta, per il quale è pendente il ricorso, è superiore a 30mila euro per ognuna delle imposte, Ires o Irap, contestate (in tal caso ci si può avvalere dell’articolo 6). Il limite non opera per le liti concernenti avvisi di accertamento in materia di Iva.
Per la definizione delle liti ai sensi dell’articolo 7, bisognerà effettuare un versamento, tramite F24, utilizzando gli stessi codici tributo istituiti dalla risoluzione 29/2019, pari:
- al 40% del valore della lite e al 5% delle sanzioni e degli interessi contestati se, al 24 ottobre 2018, la controversia pende nel primo grado di giudizio;
- al 10% del valore della lite e al 5% delle sanzioni e degli interessi contestati, in caso di soccombenza dell’Agenzia nell’ultima o unica pronuncia depositata e non ancora definitiva al 24 ottobre 2018;
- al 50% del valore della lite e al 10% delle sanzioni e degli interessi contestati, in caso di soccombenza della società o associazione nell’ultima o unica pronuncia depositata e non ancora definitiva al 24 ottobre 2018.
Dall’importo lordo dovuto vanno scomputate le somme già versate in pendenza di giudizio, per effetto della riscossione frazionata oppure a seguito di “rottamazione-bis”.
Se le somme interessate dalle liti definibili sono oggetto di “rottamazione-bis”, il perfezionamento della definizione è subordinato al pagamento, entro il 7 dicembre 2018, delle somme dovute per la medesima definizione, scadute nei mesi di luglio, settembre e ottobre 2018.
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