Decreto Ristori: quali modifiche alla CIG secondo i CdL?
Pubblicato il 09 novembre 2020
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Fruizione integrale del periodo di ammortizzatori sociali previsto dal “Decreto Agosto”, fino al 31 dicembre 2020, e ampliamento dei termini sia per la scadenza della domanda di integrazione salariale che per la presentazione dei modelli per il pagamento diretto dei sostegni ai lavoratori, tenendo conto della stratificazione normativa e della convergenza delle scadenze legate a molteplici adempimenti emergenziali.
Sono queste alcune delle proposte di modifica all’art. 12 del D.L. 137/2020 (cd. “Decreto Ristori”), presentate dal CNO dei Consulenti del Lavoro nel corso dell'audizione sul provvedimento presso le Commissioni Bilancio e Finanze e Tesoro del Senato.
Decreto Ristori, le criticità sulle integrazioni salariali
Il D.L. n. 137/2020, entrato in vigore il 29 ottobre 2020, introduce ulteriori misure a sostegno del Paese per fare fronte all’emergenza sanitaria, nonché alle connesse ricadute economiche, causate dal Covid-19.
Quanto alle misure previste in materia di CIG, nonostante l’evidente volontà di porre in campo interventi di aiuto dalla condivisibile finalità, i CdL segnalano che il testo normativo in esame presenta numerose criticità interpretative e applicative che non ne consentono, allo stato attuale, un agevole comprensione ed applicazione.
Decreto Ristori e Decreto Agosto, difficoltà di coordinamento
Una prima criticità deriva dalla difficoltà del coordinamento tra il “Decreto Ristori” e il “Decreto Agosto”, con riferimento al vincolo, per l’accesso alle sei settimane del D.L. n. 137, della preventiva autorizzazione delle “seconde nove” del D.L. n. 104/2020.
La decisione di operare questa scelta crea delle difficoltà per chi, all’entrata in vigore delle norme in discorso non abbia utilizzato, in tutto o in parte, le settimane concesse dal decreto agosto.
Secondo i CdL è necessario ammettere espressamente la possibilità della fruizione integrale del periodo di ammortizzatori sociali previsto dal “Decreto Agosto”, fino al 31 dicembre 2020, così come previsto dal D.L. n. 104/2020, convertito dalla L. n. 126/2020.
CIG “Decreto Agosto”, termini decadenziali
L’art. 12 riprende il sistema dei termini decadenziali per la proposizione delle domande o per la trasmissione di tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo, così come consolidatosi nella evoluzione dei diversi decreti e leggi di conversione di questi mesi di normativa emergenziale.
Purtroppo, la meccanica operazione di riproposizione testuale del testo dell’art. 1 del “Decreto Agosto” nell’articolo 12 del decreto in esame, porta con sé la frase per la quale “in fase di prima applicazione, il termine di decadenza di cui al presente comma è fissato entro la fine del mese successivo a quello di entrata in vigore del presente decretolegge”.
Tale previsione, ragionevole per quelle norme, come il “Decreto Agosto”, che disponevano periodi di ammortizzatori sociali anche con decorrenze retroattive, soccorreva alla necessità di garantire in ogni caso un termine non inferiore a trenta giorni per provvedere agli adempimenti richiesti. Applicandolo, invece, meccanicamente a disposizioni come l’art. 12, che dispone per il futuro, senza neppure la dicitura “se successivo”, implica che la scadenza del termine per una domanda per un periodo ricadente nel mese di novembre, sia entro la fine dello stesso mese di novembre, con grave compressione dell’esercizio dei diritti degli interessati.
CIG “Decreto Agosto”, licenziamenti per ragioni economiche
Infine, ai co. da 9 a 11 dell’art. 12 del D.L. n. 137/2020 scompare la relazione tra la fruizione degli ammortizzatori sociali e la possibilità di disporre licenziamenti per ragioni economiche, che fa posto alla lapidaria indicazione del termine del 31 gennaio 2021 quale limite di durata del divieto dei licenziamenti, valido per tutti a prescindere dall’accesso alle misure di sostegno al reddito altrimenti predisposte.
Secondo i CdL, questa nuova posizione acuisce i già evidenziati problemi di compatibilità costituzionale della misura del blocco dei licenziamenti, per questa sua insensibilità alle altre misure predisposte a tutela della dichiarata intenzione di mantenimento del livello occupazionale.
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