Debiti ereditari di natura tributaria. Niente cartella all'erede pretermesso o rinunciatario
Pubblicato il 31 marzo 2022
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Il soggetto che sia stato totalmente pretermesso dal testamento, non essendo erede, non può rispondere dei debiti, anche tributari, del de cuius.
In materia successoria, infatti, il Codice civile prevede che i coeredi contribuiscano al pagamento dei debiti del de cuius in proporzione alle rispettive quote ereditarie (art. 752) e che gli eredi siano tenuti verso i creditori al pagamento dei debiti e pesi ereditari personalmente, in proporzione alla propria quota (art. 754).
Si tratta di disposizioni da ritenersi applicabili, in mancanza di norme speciali che vi deroghino, anche in relazione ai debiti ereditari di natura tributaria.
Assunzione qualità di erede solo con accettazione
Inoltre, ai fini della assunzione della qualità di erede, non basta la mera chiamata all'eredità, né la denuncia di successione, trattandosi di un atto di natura meramente fiscale.
L'assunzione di tale qualità consegue, piuttosto, "solo all'accettazione dell'eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio quale successore del de cuius".
E' ossia necessaria l'accettazione del chiamato mediante una dichiarazione di volontà oppure un comportamento obiettivo di acquiescenza.
Onere della prova al Fisco
In tale contesto, l'onere della prova dell'avvenuta accettazione della eredità incombe su colui che afferma tale circostanza, secondo i generali principi in tema di onere probatorio dettati dall'art. 2697 c.c.
Sono questi i principi richiamati dalla Corte di cassazione nel testo dell'ordinanza n. 9186 del 22 marzo 2022, con cui è stato accolto il ricorso promosso da tre sorelle, oppostesi alla cartella di pagamento per omessa ICI emessa a carico del padre deceduto e ad esse notificata in quanto figlie, presunte eredi.
Le stesse avevano dedotto di essere state del tutto pretermesse dal testamento del genitore, il quale aveva lasciato ogni sua proprietà alla convivente, compresi gli immobili cui si riferiva l'imposta, sicché non erano tenute al relativo pagamento.
La CTR aveva respinto le loro ragioni, affermando, da un lato, l'irrilevanza delle vicende testamentarie in quanto non inerenti al giudizio, e, dall'altro, sostenendo che le ricorrenti, "nella loro qualità di presunte eredi" erano, come tali, legittimate passive per il debito tributario "de quo".
Conclusioni, queste, non condivise dalla Suprema corte, secondo la quale la Commissione tributaria regionale non aveva tenuto conto dei principi enunciati, in materia, dalla giurisprudenza di legittimità.
In ogni caso, in mancanza di prova dell'avvenuta accettazione dell'eredità, le tre donne non potevano considerarsi soggetti passivi d'imposta.
Cartella illegittima se l'erede ha rinunciato all'eredità
Del resto - ha evidenziato, sempre in materia, la Corte di cassazione nella decisione n. 10387 del 31 marzo 2022 - per la presunta accettazione dell'eredità, l'Amministrazione finanziaria è tenuta provare il possesso dei beni ereditari ex art. 485 c.c.
Ai fini, infatti, dell'applicabilità di quest'ultimo articolo, che prevede l'ipotesi di "accettazione presunta" per effetto della mancata effettuazione dell'inventario entro tre mesi dall'apertura della successione da parte di chi sia in possesso dei beni ereditari, l'onere della prova di tale possesso incombe su colui che lo abbia dedotto.
Il chiamato all'eredità che abbia ad essa rinunciato - al pari del legittimario pretermesso, quindi - non risponde dei debiti tributari del de cuius, in quanto la rinuncia ha effetto retroattivo, senza che, in ragione di ciò, assuma rilevanza l'omessa impugnazione dell'avviso di accertamento notificato al medesimo dopo l'apertura della successione.
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