Dati in registro imprese Nessun diritto di cancellazione

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Dati in registro imprese Nessun diritto di cancellazione

Secondo le vigenti norme dell’Ue, gli Stati membri non sono tenuti a garantire alle persone fisiche il diritto di ottenere, una volta decorso un certo periodo di tempo dallo scioglimento della società, la cancellazione o il congelamento dei dati personali che le riguardano, iscritti nel registro delle imprese.

Diritto all'oblio per precedente fallimento?

La Corte di giustizia è stata interpellata dalla Corte di cassazione italiana per chiarire se, ai sensi delle norme europee, il principio di conservazione dei dati personali dovesse prevalere e, quindi, fosse da ostacolo ad un sistema di pubblicità attuato con il registro delle imprese, laddove esso imponga per chiunque, senza limiti di tempo, la possibilità di conoscere i dati relativi alle persone fisiche ivi risultanti.

Da spiegare anche se, in deroga alla durata temporale illimitata e ai destinatari indeterminati dei dati pubblicati sul registro delle imprese, i dati stessi potessero non essere più soggetti a “pubblicità”, bensì “disponibili solo per un tempo limitato o nei confronti di destinatari determinati, in base ad una valutazione casistica affidata al gestore del dato”.

Procedimento principale

Il giudizio da cui prendono le mosse le questioni pregiudiziali sollevate dalla Corte di legittimità italiana era stato introdotto dall’amministratore unico di una Srl edile, assegnatario di un appalto per la costruzione di un complesso turistico.

Questi aveva convenuto in giudizio la Camera di commercio di Lecce, affermando di non riuscire a vendere le unità immobiliari di questo complesso, in quanto risultava dal registro delle imprese che egli, precedentemente, era stato amministratore unico e liquidatore di altra Srl, fallita nel 1992 e cancellata dal registro stesso all’esito della liquidazione avvenuta nel 2005.

L’uomo aveva lamentato che i suoi dati personali, contenuti nel registro imprese, erano stati trattati da una società specializzata nella raccolta ed elaborazione di informazioni di mercato e nella valutazione del rischio (rating) e che la Camera di commercio non aveva provveduto alla loro cancellazione nonostante una espressa richiesta in tal senso.

Da qui la domanda di condanna di quest’ultima sia alla cancellazione o al blocco dei dati che lo collegavano al fallimento, sia al risarcimento del danno all’immagine conseguitogli.

Conclusioni della Corte Ue

I giudici europei - causa C-398/15, sentenza del 9 marzo 2017 - hanno risposto alle specifiche questioni loro sottoposte fornendo la corretta interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera e), dell’articolo 12, lettera b), e dell’articolo 14, primo comma, lettera a), della direttiva n. 95/46, in combinato disposto con l’articolo 3 della direttiva n. 68/151.

In particolare, è stato precisato che, sulla base dello stato attuale del diritto comunitario, sono gli Stati membri a dover determinare se le persone fisiche possano chiedere all’autorità incaricata della tenuta dei registri, di verificare, in base ad una valutazione caso per caso, se sia eccezionalmente giustificato, per ragioni preminenti e legittime connesse alla loro situazione particolare e decorso un periodo di tempo sufficientemente lungo dopo lo scioglimento della società interessata, limitare l’accesso ai dati personali che le riguardano iscritti in detto registro, ai terzi che dimostrino un interesse specifico alla loro consultazione.

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