Danno differenziale. L’inabilità temporanea è a carico del datore
Pubblicato il 20 maggio 2020
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La Corte di cassazione, con ordinanza n. 9083 del 18 maggio 2020, ha accolto il ricorso promosso da un bancario contro la decisione con cui i giudici di merito si erano pronunciati nell’ambito di una causa per risarcimento intentata contro la Banca datrice di lavoro, nel corso della quale stata accertata una patologia professionale cagionata da una protratta inattività del medesimo e dalla inadeguatezza della sua postazione lavorativa.
Nel dettaglio, la Corte d’appello, in parziale riforma della sentenza del tribunale, aveva rideterminato il danno spettante al dipendente a titolo di danno biologico permanente e di danno morale, escludendo il risarcimento del danno alla professionalità e quello da inabilità temporanea totale e parziale invece riconosciutigli dal primo giudice.
Il lavoratore si era rivolto alla Suprema corte lamentando, tra gli altri motivi, la considerazione contenuta nella sentenza impugnata secondo la quale il riconoscimento delle voci di risarcimento del danno relative alla inabilità temporanea totale e parziale era da ritenere incompatibile con l’assenza giustificata dalle medesime patologie.
Somme riconosciute dall’Inail non integralmente satisfattive
Doglianza, questa, ritenuta fondata dagli Ermellini, per i quali i giudici di merito, escludendo il diritto del ricorrente al risarcimento del danno per inabilità temporanea, non si erano uniformati al procedimento “determinativo” già indicato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 9112/2019) in tema di danno cosiddetto “differenziale”, ossia il danno da risarcire al lavoratore in presenza di infortunio sul lavoro o malattia professionale, corrispondente alla differenza tra il danno risarcibile in sede civilistica e l'importo già corrisposto dall'Inail.
Hanno così ribadito che la diversità strutturale e funzionale tra l’indennizzo Inail ed il risarcimento del danno secondo i criteri civilistici non consente di ritenere che le somme versate dall’Istituto assicuratore possano considerarsi integralmente satisfattive del pregiudizio subito dal soggetto infortunato o ammalato.
Il giudice di merito, conseguentemente, dopo aver liquidato il danno civilistico, è tenuto a procedere alla comparazione di tale danno con l’erogazione dell’Inail secondo il criterio delle poste omogenee.
Deve essere considerato, ad ogni modo, che detto ultimo indennizzo ristora unicamente il danno biologico permanente e non gli altri pregiudizi che compongono la nozione unitaria di danno non patrimoniale.
Nello specifico, dunque:
- si deve distinguere, in primo luogo, il danno non patrimoniale dal danno patrimoniale, comparando quest’ultimo alla quota Inail rapportata alla retribuzione e alla capacità lavorativa specifica dell’assicurato;
- successivamente, relativamente al danno non patrimoniale, vanno espunte dall’importo liquidato a titolo di danno civilistico le voci escluse dalla copertura assicurativa (danno morale e danno biologico temporaneo), per poi detrarre dall’importo così ricavato il valore capitale della sola quota della rendita Inail destinata a ristorare il danno biologico permanente.
La pronuncia impugnata, in definitiva, è stata cassata, con rinvio per un nuovo esame di merito.
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