Crediti inesistenti e non spettanti: diversa rilevanza nel penale

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Crediti inesistenti e non spettanti: diversa rilevanza nel penale

E' applicabile alla sola materia degli illeciti di natura amministrativa la definizione di credito inesistente che si desume dall'art. 13 del D. Lgs. n. 471/1997, imperniata sul duplice presupposto della mancanza totale o parziale del presupposto costitutivo dei crediti e della non riscontrabilità della compensazione indebita mediante i controlli automatizzati.

Lo ha puntualizzato la Terza sezione penale della Cassazione, con sentenza n. 6 del 2 gennaio 2024, non allineandosi ai principi recentemente enunciati dalle Sezioni Unite civili della Suprema corte (nn. 34419 e 34452 del 2023), per quel che concerne la distinzione tra crediti d’imposta "inesistenti” e “non spettanti”.

Indebita compensazione: sanzione penale diversificata per crediti inesistenti e non spettanti

Nella vicenda esaminata, gli Ermellini hanno confermato la condanna penale che i giudici di merito avevano impartito al legale rappresentante di una cooperativa, in quanto ritenuto colpevole del reato di indebita compensazione di crediti inesistenti per importi superiori alla soglia di legge.

L'imputato si era rivolto alla Suprema corte ritenendo che i giudici di appello non avessero compiuto un'attenta analisi degli atti di indagine.

In particolare, richiamando la nozione di credito inesistente di cui all'art. 13 in parola, aveva dedotto che, nella specie, il credito contestato fosse in realtà "non spettante".

La non spettanza del medesimo credito, difatti, era suscettibile di essere rilevata solamente attraverso l'attività di controllo ex artt. 36-bis e ter DPR n. 600/1973, in conseguenza del confronto tra i dati esposti in dichiarazione e i documenti conservati e rinvenuti a seguito di verifica fiscale.

Secondo la sua difesa, per contro, sarebbe stato ravvisabile un credito inesistente solo qualora lo stesso fosse stato effettivamente non reale.

Crediti inesistenti: nozione più ampia nel penale

Ebbene, l'impugnazione del ricorrente è stata giudicata infondata dalla Cassazione penale, secondo la quale l'art. 10-quater del D. Lgs. n. 74/2000 relativo al reato di indebita compensazione, non richiama espressamente, ai fini definitori dei crediti inesistenti, il citato art. 13.

Ciò, nonostante entrambe le norme siano state modificate dal medesimo D. Lgs. n. 158/2015 e questo:

  • da un lato, ha diversificato la reazione sanzionatoria penale in caso di indebita compensazione di crediti non spettanti o di crediti inesistenti;
  • dall'altro, ha modificato proprio l'art. 13, estrapolando, dall'originaria indistinta fattispecie sanzionatoria dell'omesso versamento, alle prescritte scadenze, dei versamenti in acconto, dei versamenti periodici, del versamento di conguaglio o a saldo dell'imposta risultante dalla dichiarazione, le specifiche condotte di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute, fornendo, al contempo, la definizione di crediti inesistenti, nei termini specificati dal comma 5 della norma.

A tali considerazioni - ha continuato la Corte - si aggiunge un rilievo di ordine sistematico.

Dato che l'art. 13 non definisce il "credito non spettante", optare per una tesi ampliativa della definizione porterebbe alla configurazione di due diversi presupposti della medesima condotta:

  • nel caso di utilizzazione di crediti non spettanti, non sarebbe richiesto il requisito della loro facile rilevabilità a seguito di uno dei controlli indicati;
  • nell'ipotesi di compensazione di crediti inesistenti, tale requisito sarebbe invece richiesto, con l'ulteriore conseguenza che la condotta più grave avrebbe un margine di applicazione addirittura meno ampio di quella meno grave.

La definizione di crediti insistenti è dunque più ampia e diversa in ambito penale.

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