Corte UE: transazioni infragruppo e IVA
Pubblicato il 05 settembre 2025
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Con la decisione fornita il 4 settembre 2025 in merito alla Causa C-726/23, la Corte di giustizia europea fornisce un’importante interpretazione della normativa europea IVA, chiarendo in che modo devono essere trattati i pagamenti infragruppo e le condizioni per l’esercizio del diritto alla detrazione dell’imposta, con un impatto significativo sulle pratiche fiscali e sulle transazioni tra società all’interno di gruppi aziendali.
Aggiustamenti prezzi di trasferimento infragruppo e nuovi oneri documentali
La sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CGUE) del 4 settembre 2025, nella causa C-726/23, affronta due questioni rilevanti relative all'applicazione dell'Imposta sul Valore Aggiunto (IVA) in contesti di operazioni infragruppo, con particolare attenzione alla determinazione dei corrispettivi per servizi tra società appartenenti allo stesso gruppo.
- La Corte è chiamata a stabilire se la remunerazione per i servizi forniti da una società madre a una sua filiale, calcolata in base ai principi di trasferimento dei prezzi stabiliti dall'OCSE, costituisca un corrispettivo di una prestazione di servizi imponibile ai fini IVA.
- Viene esaminato il diritto di un soggetto passivo di detrarre l'IVA assolta su servizi acquistati, e se le autorità fiscali possano richiedere documenti aggiuntivi rispetto alla fattura per provare l’effettivo utilizzo dei servizi nell’ambito delle operazioni imponibili.
Remunerazione infragruppo e sua qualificazione come prestazione di servizi ai fini IVA
La prima questione affrontata dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea nella causa C-726/23 riguarda la qualificazione fiscale di una transazione intragruppo, in particolare la remunerazione per i servizi forniti da una società madre a una sua filiale. In questo caso, la domanda riguarda la possibilità che tale remunerazione, calcolata secondo un metodo stabilito dalle linee guida OCSE sui prezzi di trasferimento, possa essere considerata un "corresponsivo" di una prestazione di servizi e quindi rientrare nell'ambito di applicazione dell'Imposta sul Valore Aggiunto (IVA).
Nel caso esaminato, la società madre belga forniva alla sua filiale in Romania una serie di servizi commerciali. Questi servizi includevano attività quali la gestione strategica e operativa, la negoziazione con i fornitori, la gestione della flotta e il supporto tecnico, tra gli altri. Secondo l'accordo stipulato tra le due società, la remunerazione dovuta dalla filiale alla madre sarebbe stata determinata in base a una parte del margine di utile operativo superiore a una determinata soglia (2,74%), con l'importo da corrispondere alla fine di ogni anno.
La questione fondamentale per la Corte UE era determinare se questa remunerazione, calcolata sulla base dei principi di trasferimento dei prezzi, rappresentasse il corrispettivo di una prestazione di servizi che rientrasse nell'ambito di applicazione dell'IVA. Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte, per essere considerata una "prestazione di servizi a titolo oneroso" ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, lettera c) della direttiva IVA, è necessario che esista un rapporto giuridico tra il prestatore e il beneficiario in cui il pagamento ricevuto dal prestatore rappresenti il controvalore di un servizio concretamente reso al beneficiario. In altre parole, deve esserci un nesso diretto tra il servizio prestato e la remunerazione ricevuta.
Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che, nonostante la struttura infragruppo della transazione, i servizi forniti dalla società madre alla sua filiale in Romania non fossero privi di valore o di significato economico. Al contrario, i servizi erano essenziali per l’attività della filiale e contribuivano al miglioramento del margine operativo della stessa. Inoltre, la Corte ha sottolineato che, pur essendo il pagamento legato al margine di utile operativo e quindi variabile, ciò non impediva che tale remunerazione fosse considerata "a titolo oneroso", in quanto la stessa era determinata in modo chiaro e non incerto, in base a criteri stabiliti nel contratto.
La Corte ha inoltre chiarito che, sebbene il pagamento avvenisse nell'ambito di una relazione intragruppo e fosse basato sul principio del prezzo di trasferimento, questo non escludeva la possibilità che tale pagamento rappresentasse il corrispettivo di una prestazione di servizi soggetta a IVA. Infatti, anche quando un prezzo di trasferimento è fissato per rispettare il principio di libera concorrenza, tale prezzo può comunque essere considerato un "controvalore effettivo" per i servizi resi, purché sia stabilito un nesso diretto tra il servizio e la remunerazione.
Questo principio ha importanti implicazioni per le transazioni intra-gruppo, confermando che tali operazioni, sebbene interne al gruppo societario, non sono esenti da IVA quando soddisfano i requisiti di una prestazione di servizi effettiva e controbilanciata da una remunerazione chiara e definita.
Detrazione dell’IVA e richiesta di documentazione aggiuntiva
La seconda questione riguarda il diritto della società madre di detrarre l'IVA sugli acquisti di servizi effettuati da filiale.
Le autorità fiscali rumene avevano negato tale diritto, motivando la decisione con il fatto che la società non aveva fornito prove sufficienti per dimostrare che i servizi menzionati nelle fatture fossero effettivamente stati realizzati e che fossero necessari per le sue operazioni imponibili
Le autorità fiscali avevano richiesto, oltre alle fatture, ulteriori documenti giustificativi, come rapporti di attività, stati di avanzamento dei lavori e altre prove che attestassero l'effettiva erogazione e l’utilizzo dei servizi per l’attività economica della filiale rumena.
La Corte di Giustizia è stata chiamata a interpretare se la direttiva IVA dell'Unione Europea, in particolare gli articoli 168 e 178, consenta alle autorità fiscali di esigere documentazione aggiuntiva oltre alla fattura, per verificare l'effettiva realizzazione dei servizi e il loro impiego per le operazioni soggette ad imposta.
La Corte ha precisato che, sebbene la fattura sia essenziale, essa non è l'unico documento che le autorità fiscali possono utilizzare per valutare la legittimità della detrazione. L'amministrazione fiscale può, quindi, richiedere documentazione aggiuntiva, come ad esempio report sulle attività svolte, contratti, o altre prove che dimostrino che i servizi per cui si richiede la detrazione sono stati effettivamente forniti e utilizzati per le operazioni imponibili del soggetto passivo.
Tuttavia, la richiesta di prove supplementari deve essere "necessaria" e "proporzionata". Ciò significa che le autorità fiscali non possono esigere documenti in modo arbitrario o per motivi non strettamente legati alla verifica del diritto alla detrazione.
In sintesi
La Corte di Giustizia dell'Unione Europea, con la sentenza del 4 settembre 2025, ha risolto due questioni fondamentali relative all'applicazione dell'IVA in operazioni infragruppo.
| 1. La Corte ha stabilito che la remunerazione per i servizi forniti da una società madre a una sua filiale, calcolata secondo il metodo dei prezzi di trasferimento raccomandato dall'OCSE e basata su una parte del margine di utile operativo, costituisce il corrispettivo di una prestazione di servizi "a titolo oneroso" e rientra quindi nell'ambito di applicazione dell'IVA. |
| 2. La Corte ha confermato che le autorità fiscali possono richiedere documenti aggiuntivi, oltre alla fattura, per verificare che i servizi per cui si chiede la detrazione dell'IVA siano stati effettivamente forniti e utilizzati per operazioni imponibili. Tuttavia, la necessità o l'opportunità economica dei servizi non è un requisito per la detrazione, che dipende esclusivamente dall'effettivo utilizzo dei servizi nelle operazioni soggette ad imposta. |
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