Corsi universitari in inglese affiancati a quelli in italiano
Pubblicato il 25 febbraio 2017
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Sì dalla Consulta
La Consulta ha ritenuto non fondate le questioni di incostituzionalità della Legge n. 240/2010 - Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario – “nella parte in cui consente l’attivazione generalizzata ed esclusiva (cioè con esclusione dell’italiano) di corsi [di studio universitari] in lingua straniera”.
La disposizione in oggetto - censurata dal Consiglio di stato in riferimento agli articoli 3, 6 e 33 della Costituzione - è quella che indica i vincoli e i criteri che le università devono osservare in sede di modifica dei propri statuti, prevedendo un “rafforzamento dell’internazionalizzazione”.
Sulla base della medesima, il Politecnico di Milano aveva deliberato di attivare, a partire dall’anno 2014, alcuni corsi di laurea magistrale e di dottorato di ricerca esclusivamente in lingua inglese, affiancata da un piano per la formazione dei docenti e per il sostegno agli studenti. Ed è questa delibera ad aver dato origine al giudizio amministrativo che ha condotto alla rimessione delle questioni di legittimità costituzionale.
Lettura costituzionalmente orientata della disposizione
Secondo la Corte costituzionale, se la norma censurata si interpretasse nel senso che agli atenei sia consentito predisporre una generale offerta formativa che contempli interi corsi di studio impartiti esclusivamente in una lingua diversa dall’italiano, si determinerebbe, senz’altro, un illegittimo sacrificio di tali principi.
Tuttavia, è ben possibile dare una lettura costituzionalmente orientata della disposizione in oggetto, “tale da contemperare le esigenze sottese alla internazionalizzazione – voluta dal legislatore e perseguibile, in attuazione della loro autonomia costituzionalmente garantita, dagli atenei – con i principi di cui agli artt. 3, 6, 33 e 34 Cost., parametro quest’ultimo il quale, ancorché non evocato dal rimettente, è pertinente allo scrutinio delle odierne questioni di legittimità costituzionale”.
Corsi in lingua straniera accanto a corsi in lingua italiana
Così – precisa la Corte nella sentenza n. 42 del 24 febbraio 2017 - i principi costituzionali richiamati, “...non precludono certo la facoltà, per gli atenei che lo ritengano opportuno, di affiancare all’erogazione di corsi universitari in lingua italiana corsi in lingua straniera, anche in considerazione della specificità di determinati settori scientifico-disciplinari”.
In definitiva, una offerta formativa che preveda che taluni corsi siano tenuti tanto in lingua italiana quanto in lingua straniera non comprime affatto i citati principi costituzionali, né tantomeno li sacrifica, consentendo, allo stesso tempo, il perseguimento dell’obiettivo dell’internazionalizzazione.
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