Coronavirus, le conseguenze in ambito lavorativo
Pubblicato il 25 febbraio 2020
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Il repentino allarme di contagio del Coronavirus in Italia, oltre alle gravi conseguenze sulla salute delle persone, sta avendo diverse ripercussioni sulla gestione delle imprese e dei rapporti di lavoro esistenti nelle zone interessate dai provvedimenti restrittivi emanati a seguito dell’approvazione del D.L. n. 6/2020. A tal fine, il CNO dei Consulenti del Lavoro ha inviato una lettera al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Nunzia Catalfo, avanzando due richieste in particolare:
- mettere in condizione le aziende esistenti sui territori interessati dal contagio di poter ricorrere per i loro lavoratori dipendenti a strumenti di sostegno al reddito, tra cui la CIG;
- la sospensione dei termini di scadenza di tutti i versamenti fiscali e contributivi, nonché di tutti gli adempimenti.
La Fondazione Studi CdL, inoltre, con l’approfondimento del 24 febbraio 2020, ha stilato alcune casistiche particolari da conoscere in caso di assenza dal lavoro per Coronavirus.
Lavoratore assente per ordinanza
La prima fattispecie di assenza dal lavoro può essere imposta direttamente dalle pubbliche autorità. In questa situazione si realizza la sopravvenuta impossibilità a recarsi al lavoro per cause indipendenti dalla volontà del lavoratore, che resterà, dunque, a casa ma con la retribuzione pagata.
Sul punto, con una notizia del 24 febbraio 2020, il Ministero del Lavoro ha fatto sapere che renderà più immediato il ricorso allo smart working nelle aree considerate a rischio per l'emergenza Coronavirus. L’attivazione dell’istituto può avvenire anche in assenza dell'accordo individuale: basta un'autocertificazione che il lavoro agile si riferisce ad un soggetto appartenente a una delle aree a rischio.
Assenza dal lavoro per sospensione attività
Tra le possibili misure di contrasto alla potenziale diffusione del virus rientrano anche le previsioni tendenti a vietare l’accesso in un determinato Comune o area geografica, nonché la sospensione delle attività lavorative per le imprese.
In questi casi, sottolineano gli esperti della Fondazione Studi, è di tutta evidenza l’assoluta indipendenza della impossibilità della prestazione lavorativa dalla volontà del lavoratore, essendo l’azienda stessa impedita dal provvedimento dell’autorità pubblica allo svolgimento della normale attività produttiva.
Pertanto, risulta evidente il permanere del diritto alla retribuzione pur in assenza dello svolgimento della prestazione.
Assenza dal lavoro per quarantena obbligatoria
Per quanto concerne l’assenza per quarantena stabilita dai presìdi sanitari, ossia obbligatoria, la mancata prestazione lavorativa è gestita alla stregua dei casi di ricovero per altre patologie o interventi.
Assenza dal lavoro per quarantena volontaria
In caso di assenza per quarantena volontaria da parte di persone che scelgono autonomamente di isolarsi pur non avendo sintomi palesi di contagio, i datori di lavoro dovranno comunque retribuire il lavoratore. Quest’ultima situazione, infatti, è assimilabile alla astensione dalla prestazione lavorativa obbligata dal provvedimento amministrativo.
Assenti per paura contagio
Infine, vi sono i casi di assenza autodeterminata da parte di lavoratori che ritengono il fenomeno dell'epidemia sufficiente di per sé a giustificare l’assenza dal lavoro. In tal caso si realizza l’assenza ingiustificata dal luogo di lavoro, situazione da cui possono scaturire provvedimenti disciplinari che possono portare anche al licenziamento.
- edotto.com – Edicola del 25 febbraio 2020 - Coronavirus: sospesi versamenti e adempimenti fiscali nella zona rossa – Moscioni
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