Congedo parentale: no all’accudienza indiretta del bambino
Pubblicato il 16 gennaio 2018
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Il congedo parentale configura un diritto potestativo ma la titolarità del diritto non determina mera discrezionalità e arbitrio nell’esercizio dello stesso.
Si ha, infatti, un abuso del diritto potestativo nel caso in cui lo stesso venga esercitato per attendere ad altra attività di lavoro, ancorché incidente positivamente sull’organizzazione economica e sociale della famiglia e non già per la cura diretta del bambino.
Analogo ragionamento vale nel caso in cui il genitore trascuri la cura del figlio per dedicarsi a qualunque altra attività che non sia in diretta relazione con detta cura, perché ciò che conta non è tanto quel che il genitore fa nel tempo da dedicare al figlio quanto piuttosto quello che non fa nel tempo che avrebbe dovuto dedicare al minore.
Non è neppure ammissibile un'accudienza soltanto indiretta, per interposta persona, mediante il solo contributo ad una migliore organizzazione della vita familiare, poiché quest'ultima esigenza può essere assicurata da altri istituti (contrattuali o legali) che solo indirettamente influiscono sulla vita dei bambino e che, in ogni caso, mirano al soddisfacimento di necessità diverse da quella tutelata con il congedo parentale, il quale non attiene ad esigenze puramente fisiologiche del minore ma, specificamente, intende appagare i suoi bisogni affettivi e relazionali onde realizzare il pieno sviluppo della sua personalità sin dal momento dell'ingresso nella famiglia (Cass. sentenza n. 16207/2008).
Sulla scorta di ciò, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 509 dell’11 gennaio 2018, ha confermato il principio di diritto in forza del quale il Testo Unico sulla maternità e paternità, nel prevedere all’art. 32 che il lavoratore possa astenersi dal lavoro per fruire del congedo parentale, percependo dall'ente previdenziale un'indennità commisurata ad una parte della retribuzione, configura un diritto potestativo che il padre-lavoratore può esercitare nei confronti del datore di lavoro, nonché dell'ente tenuto all'erogazione dell'indennità, onde garantire con la propria presenza il soddisfacimento dei bisogni affettivi del bambino e della sua esigenza di un pieno inserimento nella famiglia; pertanto, ove si accerti che il periodo di congedo viene, invece, utilizzato dal padre per svolgere una diversa attività lavorativa, si configura un abuso per sviamento dalla funzione propria del diritto, idoneo ad essere valutato dal giudice ai fini della sussistenza di una giusta causa di licenziamento, non assumendo rilievo che lo svolgimento di tale attività contribuisca ad una migliore organizzazione della famiglia.
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