Confiscate le somme rimpatriate con lo scudo fiscale se frutto di una frode carosello

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Le somme fatte rientrare in Italia da un imprenditore accusato di evasione, tramite lo scudo fiscale e, poi, versate sul conto corrente bancario della moglie configurano la fattispecie della frode carosello con capitali depositati all’estero e, dunque, possono essere oggetto di confisca da parte del Fisco.

A precisarlo la Corte di Cassazione – sentenza n. 35970 depositata in data 7 ottobre 2010 – che, in tal modo, ha confermato il sequestro già disposto dal Tribunale del riesame di Milano, ritenendo infondate le critiche formulate dalla difesa della donna che si opponeva alla misura citata, essendo sopraggiunta nel frattempo la morte dell’imprenditore.

L'imprenditore era, infatti, stato accusato di alcuni reati fiscali, tra cui frodi ed evasioni. Con lo scudo fiscale approvato nel 2002, aveva fatto rientrare in Italia 500 mila euro, che aveva donato alla moglie. Successivamente, però, è scattato il sequestro finalizzato alla confisca.

A nulla sono valse le rimostranze della donna che sostiene di aver tenuto fermo il denaro per quattro anni.

Prima il Tribunale del riesame e, ieri, la stessa Cassazione hanno convenuto che anche se l’ordinanza è stata annullata per la morte dell’imputato, la misura cautelare del sequestro della somma è da ritenersi valida e, dunque, da confermare. La donazione fatta dall’imprenditore alla moglie è solo una simulazione che non può bloccare il sequestro.

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