Confermata la condanna anche se la vittima dei maltrattamenti riprende la convivenza
Autore: Eleonora Pergolari
Pubblicato il 01 aprile 2010
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La Cassazione, con sentenza n. 12621 del 31 marzo 2010, ha confermato la decisione di condanna per maltrattamenti in capo ad un uomo che, per gelosia ossessiva, aveva picchiato in numerosissime occasioni la ex compagna. L'imputato aveva adito la Corte di legittimità al fine di vedersi riconoscere la scriminante prevista dall'articolo 50 del Codice penale, per consenso dell'avente diritto, sul presupposto che la compagna, dopo aver interrotto inizialmente la convivenza, l'aveva poi coscientemente ripresa. Secondo i giudici di legittimità, tuttavia, tale circostanza poteva avere una spiegazione ben diversa “da quella, logicamente insostenibile, di una rinnovata adesione ai comportamenti violenti del compagno”.
In tema di imputabilità di chi è accusato di maltrattamenti, - si legge nel testo della decisione “la gelosia, quale stato passionale, in soggetti normali, si manifesta come idea generica portatrice di inquietudine e non può ritenersi in grado né di diminuire, né tanto meno di escludere la capacità di intendere e di volere dei soggetto, salvo che esso nasca e si sviluppi da un vero e proprio squilibrio psichico, il quale deve presupporre uno stato maniacale, delirante, o comunque provenga da un'alterazione psico-fisica consistente e tale da incidere sui processi di determinazione e di auto-inibizione”. Nel caso in esame, i giudici di merito, prima, e la Cassazione, poi, avevano ritenuto l'imputato ben capace di intendere e di volere, nonostante la gelosia ossessiva.
In tema di imputabilità di chi è accusato di maltrattamenti, - si legge nel testo della decisione “la gelosia, quale stato passionale, in soggetti normali, si manifesta come idea generica portatrice di inquietudine e non può ritenersi in grado né di diminuire, né tanto meno di escludere la capacità di intendere e di volere dei soggetto, salvo che esso nasca e si sviluppi da un vero e proprio squilibrio psichico, il quale deve presupporre uno stato maniacale, delirante, o comunque provenga da un'alterazione psico-fisica consistente e tale da incidere sui processi di determinazione e di auto-inibizione”. Nel caso in esame, i giudici di merito, prima, e la Cassazione, poi, avevano ritenuto l'imputato ben capace di intendere e di volere, nonostante la gelosia ossessiva.
- Il Sole 24 Ore – Norme e Tributi, p. 31 - Notizie In breve - Cassazione
- ItaliaOggi, p. 20 – Sempre punito il geloso manesco - Alberici
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