Cessioni intracomunitarie. Numero identificativo e nuovo regime di call-off stock
Pubblicato il 21 gennaio 2020
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La Commissione Europea fornisce alcune precisazioni sulle novità in vigore in materia di Iva sulle cessioni intracomunitarie, a seguito della direttiva n. 2018/1910, con effetto dal 1° gennaio 2020.
Cessioni intracomunitarie. Numero identificativo Iva è essenziale
A partire da inizio anno, le modifiche alla direttiva Iva prevedono due nuove condizioni per l’esenzione della cessione intracomunitaria:
- il soggetto passivo cessionario deve essere identificato ai fini Iva in uno Stato membro diverso da quello in cui la spedizione o il trasporto dei beni ha inizio e il numero identificativo deve essere comunicato al cedente;
- il cedente deve indicare le informazioni della cessione nell’elenco riepilogativo (modello Intrastat).
Quindi, dal 2020, per emettere una fattura di cessione intracomunitaria senza applicazione d’imposta, le fatture del cedente devono riportare il numero identificativo del cessionario identificato in altro Stato membro.
La mancata conoscenza di tale numero cosa comporta?
La Commissione europea, con note esplicative del 29 dicembre 2019, affronta la questione offrendo le seguenti soluzioni.
Se il cedente è impossibilitato ad indicare il codice identificativo del cessionario, non potrà emettere la fattura senza imposta ma sarà obbligato a far uscire una fattura con Iva dello Stato di cessione.
In questo caso, qualora l’acquirente possa dimostrare di possedere, al momento in cui è avvenuta la cessione, un codice identificativo valido, il soggetto può effettuare la liquidazione dell’Iva nello Stato membro di destinazione dei beni e il cedente può emettere una nota di variazione a modifica della cessione intracomunitaria.
Altra questione è se il numero identificativo è stato richiesto allo Stato membro che, però, non lo ha ancora rilasciato.
Per la CE, mancando una delle condizioni richieste per la completezza della cessione intracomunitaria, l’operazione non potrà qualificarsi come non imponibile. Anche qui la CE tende una mano: una volta ottenuto il numero identificativo, l’acquirente può chiedere al cedente che emetta una nota di variazione per l’operazione intracomunitaria.
Regime di call-off stock. Le nuove condizioni
Altra modifica prevista dalla direttiva 2018/1910 riguarda il regime di call-off stock: in pratica, non si considera cessione di beni intra-Ue il solo trasferimento, da parte di un soggetto passivo, di un bene della sua impresa, in un deposito presso un altro Stato Ue. L’operazione si considererà conclusa quando i beni saranno prelevati dal deposito dal destinatario.
In tale evenienza, si prevede che il trasferimento dei beni si trasformi in cessione intra-Ue dopo 12 mesi dall’arrivo dei beni nello Stato membro in cui gli stessi sono stati spediti (o trasportati).
Il regime di call-off stock richiede la presenza di tutte le seguenti condizioni:
- fornitore ed acquirente devono essere soggetti passivi;
- il fornitore non deve avere sede fissa od attività nello Stato membro in cui i beni sono spediti o trasportati;
- il soggetto che trasferisce i beni deve annotare il trasferimento nel registro previsto al par. 3, art. 243, direttiva Iva, inserendo le informazioni sul call-off stock nell’elenco riepilogativo delle cessioni intracomunitarie;
- i beni sono trasferiti dal soggetto passivo verso un altro Stato membro in previsione di una successiva cessione, dopo l’arrivo a destinazione, ad altro soggetto passivo;
- il destinatario della successiva cessione deve essere identificato ai fini Iva nel paese di destinazione e la sua identità e il numero identificativo devono essere noti alla controparte, al momento del trasferimento dei beni.
Esistendo le suddette condizioni e se l’acquirente preleva i beni dal deposito entro 12 mesi, si verifica una cessione intra-Ue dal momento in cui i beni vengono prelevati dal deposito.
- edotto.com – Edicola del 20 dicembre 2019 - Assonime sulla riforma degli scambi intracomunitari di beni – Moscioni
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