Centro degli interessi in Italia? Esclusa la residenza fiscale all'estero

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Centro degli interessi in Italia? Esclusa la residenza fiscale all'estero

Pronuncia della Cassazione sull'individuazione della sede principale degli affari ed interessi economici del contribuente.

Ribaltata, dalla Suprema corte, la sentenza con cui la Commissione tributaria regionale aveva annullato l'avviso di accertamento notificato a un contribuente e con cui era stato rideterminato il reddito imponibile a quest'ultimo riferibile, con richiesta di maggiori imposte a titolo di Irpef, addizionali ed Iva, oltre che sanzioni.

L'atto impositivo era stato emesso sul presupposto che il contribuente, pur iscritto all'AIRE, dovesse considerarsi fiscalmente residente in Italia.

L'interessato si era opposto all'avviso di accertamento, ottenendo, in secondo grado, l'accoglimento dei propri rilievi.

La CTR, in particolare, aveva ritenuto che la certificazione e la complessiva documentazione dallo stesso allegata avesse inequivocabilmente dimostrato la sua residenza estera, superando le denunciate incongruenze derivanti dal riscontro di sovrapposizione e coesistenza di pluralità di residenze, da cui l'Agenzia delle Entrate aveva tratto il convincimento che la residenza effettiva del contribuente fosse in Italia.

L'Agenzia aveva censurato le predette conclusioni, avanzando ricorso davanti ai giudici di legittimità.

Ricorso che, come detto, è stato accolto dalla Corte di cassazione, pronunciatasi, sulla vicenda in oggetto, con ordinanza n. 8286 del 15 marzo 2022.

Contribuente, pur iscritto all'AIRE, fiscalmente residente in Italia

Secondo gli Ermellini, la CTR aveva del tutto ignorato le regole ed i principi applicabili in tema di soggettività fiscale passiva del cittadino italiano, pur residente all'estero, per come chiariti dalla giurisprudenza di legittimità e da quella euro-unitaria.

E' stato ricordato, in particolare, l'orientamento di Cassazione secondo cui va considerato soggetto passivo il cittadino italiano che, pur risiedendo all'estero, stabilisca in Italia, per la maggior parte dei periodo d'imposta, il suo domicilio, inteso come la sede principale degli affari ed interessi economici nonché delle relazioni personali, come emergenti da elementi presuntivi.

Ciò che viene valorizzato è soprattutto la presenza di elementi significativi, quali l'acquisto di beni immobili, la gestione di affari in contesti societari, la disponibilità di almeno un'abitazione nella quale trascorrere diversi periodi dell'anno, e ciò a prescindere anche dall'iscrizione nell'AIRE.

Tali requisiti - ha precisato la Corte - sono stati ulteriormente perimetrati dalla giurisprudenza euro-unitaria.

In particolare, è stato rammentato come la Corte di Giustizia abbia più volte ribadito l'importanza della verifica dell'ubicazione del centro di interessi principali, quale luogo abituale della gestione degli interessi medesimi, che sia riconoscibile a terzi.

Nel caso esaminato, l'Ufficio aveva allegato una serie di elementi presuntivi, quali:

  • la locazione di un immobile in Torino ad uso abitativo, indicato dal contribuente medesimo quale sede fiscale propria e della propria famiglia;
  • il contratto di locazione, sempre in Torino, di due posti auto;
  • le partecipazioni a vario titolo, quali socio rappresentante legale in alcune società aventi sede in Italia;
  • i redditi conseguiti in Italia e risultanti dai modelli 770 dei sostituti d'imposta.

A fronte di tutti tali elementi, la CTR aveva valorizzato, invece, quelli addotti dal contribuente, che si riducevano, però, alla sola menzione degli "attestati di iscrizioni e assidua frequenza a club socio-culturali e ricreativi" all'estero.

Le conclusioni cui la Commissione era pervenuta si fondavano, ciò posto, su riscontri comparativi "del tutto eccentrici" rispetto alle presunzioni richieste dalla giurisprudenza per identificare la sede principale degli affari ed interessi economici e dei rapporti affettivi del contribuente.

Da qui la cassazione, con rinvio, della decisione di secondo grado.

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