Casa coniugale in comodato, ultime pronunce
Pubblicato il 25 febbraio 2016
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La casa coniugale di proprietà dei genitori di uno dei due coniugi, concessa in comodato al fine di soddisfare le esigenze abitative familiari, rimane all’ex coniuge affidatario dei figli, anche dopo la separazione.
Difatti, il comodato di immobile che sia stato pattuito per la destinazione di esso a soddisfare le esigenze abitative della famiglia del comodatario - da intendersi anche nelle sue potenzialità di espansione -, può essere soggetto a restituzione immediata solo in caso di sopravvenienza di urgente e imprevisto bisogno del comodante.
Comodato “non precario”
Si rientra, in tale ipotesi, nella fattispecie di cui all’articolo 1809, secondo comma, del Codice civile, di comodato “non precario”, sorto per un uso determinato e, dunque, per un tempo determinabile per relationem, che può essere individuato in considerazione della destinazione a casa familiare contrattualmente prevista, indipendentemente dall’insorgere di una crisi coniugale.
Per effetto della concorde volontà delle parti, ossia, viene impresso all'immobile stesso un vincolo di destinazione alle esigenze abitative familiari idoneo a conferire all'uso il carattere implicito della durata del rapporto, anche oltre la crisi coniugale e senza la possibilità di farne dipendere la cessazione esclusivamente dalla volontà ad nutum del comodante.
E’ quanto enunciato dalla Corte di cassazione nel testo della sentenza n. 1666 depositata il 29 gennaio 2016, con la quale sono stati richiamati alcuni dei principi già espressi dalle Sezioni Unite Civili, con la decisione n. 20448/2014.
Nell’approfondimento, verrà compiuta una disamina sugli ultimi indirizzi della giurisprudenza di legittimità e di merito in materia.
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