Carried interest per manager E’ reddito di capitale
Pubblicato il 17 ottobre 2017
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L’agenzia delle Entrate, pubblicando la circolare n. 25 del 16 ottobre 2017, approfondisce la questione del c.d. ‘carried interest’ ossia proventi relativi ad azioni, quote o altri strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati che derivano dalla partecipazione in società, enti o Oicr, istituiti nel territorio dello Stato o in Stati white list e sono percepiti da amministratori e dipendenti, con esclusione quindi dei soggetti che operano in qualità di lavoratori autonomi.
Di tali strumenti si è occupato l’articolo 60 del Dl n. 50/2017, il quale ha previsto che, al ricorrere di determinati requisiti, “si considerano in ogni caso redditi di capitale o redditi diversi”.
Incertezza per la qualificazione del reddito
Sono emerse incertezze in ordine alla qualificazione reddituale dei proventi in parola dato che il manager può assumere un duplice ruolo, vale a dire di amministratore o dipendente e di azionista/quotista delle società o enti di cui è amministratore o dipendente.
Non risultano chiare, in particolare, le ipotesi in cui il provento conseguito dal manager costituisca senza dubbio una remunerazione connessa alla posizione di co-investitore rispetto a quelle in cui rappresentava invece una sorta di commissione di gestione (performance fee) corrisposta a titolo di retribuzione dell’attività lavorativa.
Ipotesi in cui i proventi si considerano in ogni caso redditi di capitale o redditi diversi
Per l’operatività della presunzione legale di qualificazione del reddito come reddito di capitale o diverso occorrono le seguenti condizioni:
- l’impegno di investimento complessivo di tutti i dipendenti e amministratori che comporta un esborso effettivo pari ad almeno l’1% dell’investimento complessivo effettuato;
- la maturazione dei proventi degli strumenti finanziari che danno diritti patrimoniali rafforzati deve avvenire solo dopo che tutti gli altri partecipanti abbiano percepito un ammontare pari al capitale investito e a un rendimento minimo previsto nello statuto o nel regolamento del fondo ovvero, in caso di cambio di controllo, abbiano realizzato con la cessione un prezzo di vendita almeno pari al capitale investito e al rendimento minimo;
- le azioni, le quote o gli strumenti finanziari siano mantenute dai dipendenti e amministratori per un periodo minimo di 5 anni o fino al cambio di controllo o di sostituzione del soggetto incaricato della gestione.
Investimento minimo - Il parametro di commisurazione dell’entità dell’investimento minimo richiesto ai manager varia a seconda che il manager detenga quote del fondo o partecipazioni in società
Differimento nella distribuzione dell’utile – E’ prassi consolidata nel private equity che l’extra rendimento maturi solo dopo che tutti gli investitori, inclusi i titolari di strumenti finanziari con diritti patrimoniali rafforzati, abbiano percepito il rimborso del capitale richiamato e il rendimento minimo. Quindi la distribuzione differita che costituisce condizione di accesso alla presunzione legale di qualificazione del reddito riguarda solo l’extra rendimento, ovvero la componente finanziaria rafforzata e non anche il rimborso del capitale investito o il pagamento dei normali proventi.
Periodo minimo di detenzione dell’investimento – La circolare n. 25/2017 precisa che il vincolo quinquennale di detenzione dell’investimento sia riferito oltre che ad azioni, quote o strumenti patrimoniali aventi diritti patrimoniali rafforzati, anche a strumenti finanziari non aventi tali diritti che, insieme agli altri, concorrono al raggiungimento della percentuale di investimento minimo.
Infine, viene specificato che la qualificazione reddituale dei carried interests, qualora non vi siano tutti i requisiti indicati, richiede un’analisi volta a verificare caso per caso la natura del provento.
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