Caregivers, possibile scegliere la sede più vicina anche dopo il trasferimento
Pubblicato il 04 marzo 2019
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Il lavoratore che assiste una persona disabile, portatrice della L. n. 104/1992 (c.d. caregivers), ha diritto di scegliere la sede lavorativa più vicina anche a seguito di trasferimento. Quindi, l’opzione di poter scegliere di lavorare nella sede più vicina al familiare da assistere, non vale solamente all’inizio, ma anche durante lo svolgimento del rapporto di lavoro, e soprattutto in caso di trasferimento.
A stabilirlo è la Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 6150 dell’1 marzo 2019. Nel caso di specie, un lavorative agiva per vie legali poiché il datore di lavoro non aveva accolto la sua richiesta di trasferimento presso una sede di lavoro più vicina al domicilio della sorella, disabile e con necessità di assistenza.
Caregivers, a cosa hanno diritto?
La principale fonte normativa in tema di permessi lavorativi retribuiti è disciplinata dalla L. n. 104/1992 (così come modificata dalla L. 53/2000, L. n. 183/2010 e dal D.lgs. n. 119/2011), la quale, all'art. 33, disciplina le agevolazioni riconosciute:
- ai lavoratori affetti da disabilità grave;
- e ai familiari che assistono una persona con handicap in situazione di gravità (c.d. caregivers).
Dunque, i permessi della c.d. “Legge 104” possono essere richiesti, sia per sé stessi in quanto disabili sia dai familiari chiamati ad assistere il disabile.
In caso di riconoscimento dei permessi della Legge 104, si ha diritto a:
- tre giorni di riposo al mese anche frazionabili in ore;
- o, in alternativa, in riposi giornalieri di una o due ore.
Oltre a ciò, i caregivers hanno diritti di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede. Al riguardo, è bene tenere presente che non è più richiesto l’obbligo della convivenza con la persona da assistere, in quanto il requisito della “continuità ed esclusività” dell’assistenza, sono stati eliminati per effetto dell’art. 24 della L. n. 1893/2010.
Caregivers, il caso
La Corte Territoriale aveva condannato il datore di lavoro a rispettare la richiesta di trasferimento avanzata dalla dipendente, poiché in linea con quanto contenuto e disciplinato dall’art. 33, co. 5 della L. n. 104/1992. Tuttavia, i giudici della Corte d’Appello avevano sottolineato come la disposizione non contenesse un espresso e specifico riferimento alla scelta iniziale della sede di lavoro risultando, pertanto, applicabile anche alla scelta fatta nel corso del rapporto di lavoro, attraverso la domanda si trasferimento.
La società impugna la sentenza e ricorre in Cassazione.
Caregivers, la sentenza
I giudici della Corte Suprema hanno respinto il ricorso della società. Secondo gli Ermellini, l’interpretazione iniziale della Corte Territoriale è compatibile non solo con il testo dell’art. 33, co. 5 della L. n. 104/1992, ma anche con la funzione solidaristica e con la garanzia dei beni fondamentali in gioco, tutelati dalla Costituzione nonché della Convenzione delle Nazioni Unite del 13 dicembre 2006 sul diritto dei disabili.
Infatti, il menzionato articolo disciplina uno strumento indiretto di tutela in favore delle persone in condizione di handicap, attraverso l’agevolazione del familiare lavoratore nella scelta della sede ove svolgere l’attività affinché quest’ultima risulti il più possibile compatibile con la funzione solidaristica di assistenza.
Ciò pone i caregivers nella possibilità di scegliere la sede di lavoro più vicina al familiare da assistere, proprio per il fondamento costituzionale e di diritto sovranazionale, che va individuato quale diritto soggettivo, e non come mero interesse legittimo.
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