Carcere duro ex 41 bis e decalogo dei diritti del detenuto
Pubblicato il 02 novembre 2017
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La ratio della disciplina
Il regime del carcere duro ex art. 41-bis Ordinamento penitenziario, è finalizzato a prevenire situazioni di grave allarme sociale, esterne alle mura carcerarie, ma indotte dalla capacità delle organizzazioni criminali di gestire le attività delittuose anche dal carcere. L’istituto si applica a singoli detenuti e mira a recidere i possibili contatti con le organizzazioni che operano all’esterno ed a scongiurare il compimento di attività delittuose in grado di compromettere l’ordine e la sicurezza pubblica.
Il precetto normativo è funzionale ad impedire la ideazione, pianificazione e commissione di reati da parte dei detenuti e degli internati anche durante il periodo di espiazione della pena e della misura di sicurezza.
Ambito e procedimento di applicazione
Il carcere duro si applica ex art. 41bis comma 2 Legge n. 354/1975, a detenuti o internati per taluno dei delitti ex art 4bis comma 1 bis medesima Legge (ad es. delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine costituzionale o per un delitto che sia stato commesso avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l’associazione di stampo mafioso). Il riferimento ai detenuti e non solo ai condannati, induce a ritenere che il regime sia applicabile anche ai soggetti sottoposti a misura di custodia cautelare.
Ai fini dell' applicazione dell’istituto ex art 41 bis Ordinamento penitenziario, è necessario che di fianco al requisito di natura soggettiva, si collochi anche il presupposto dei gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica; è quindi indispensabile che l’autorità dia la prova della permanenza di collegamenti tra il detenuto e l’organizzazione criminale.
Il regime di sospensione delle normali regole di trattamento e degli istituti previsti dall’ordinamento penitenziario, è disposto con provvedimento del ministro della Giustizia. Il provvedimento di rigore è preceduto da un’attività istruttoria, all’interno della quale gli organi inquirenti debbono fornire all’ufficio del ministro le informazioni relative all’organizzazione di appartenenza e le caratteristiche di pericolosità del soggetto destinatario. Dal procedimento applicativo è esclusa ogni forma di contraddittorio preventivo: non è previsto né un obbligo di informazione preventiva né il deposito delle informazioni e del parere.
Il provvedimento ha una durata di quattro anni ed è prorogabile per periodi successivi, pari a due anni, senza che sia previsto un limite massimo complessivo; la proroga è disposta quando la capacità di mantenere contatti con l’organizzazione criminale, eversiva o terroristica, non è venuta meno.
Circolare 3676/6126 del ministero della Giustizia del 2/10/2017
La Circolare 3676/6126 del ministero della Giustizia del 2/10/2017 è intervenuta dettando una disciplina di dettaglio con riferimento all’istituto del carcere duro ed in particolar modo al contenuto di tale istituto.
Il comma 2 quater dell’art 41bis Ordinamento penitenziario, prevede che il regime penitenziario comporti l’adozione di misure di elevata sicurezza interna ed esterna. Il detenuto/internato deve essere sottoposto a perquisizione personale e subito dopo a visita medica generale. Gli oggetti non consentiti sono ritirati e depositati in magazzino a suo nome, oppure, se ciò non sia possibile, vengono spediti ai familiari o conviventi a spese del detenuto.
Al fine del mantenimento dell’ordine e della pacifica convivenza all’interno dell’istituto, è vietato lo scambio di oggetti tra i detenuti, nonché ogni forma di dialogo e comunicazione tra internati appartenenti a gruppi sociali diversi.
Conseguenza diretta dell’applicazione dell’istituto del carcere duro è anche la restrizione dei colloqui con terzi, familiari e difensori. I colloqui con terze persone sono vietati salvi casi eccezionali, individuati dal direttore dell’istituto. In caso di richiesta da parte del detenuto/internato, è opportuno che prima di rilasciare la relativa autorizzazione sia acquisito il parere della DDA competente, ferma restando l’autorizzazione, ove occorra, della competente Autorità giudiziaria.
Per quanto riguarda i familiari è prevista la possibilità di un solo colloquio al mese della durata massima di un’ora; gli stessi si effettuano in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti e sono sottoposti a controllo auditivo ed a registrazione. Al colloquio sono ammessi familiari entro il terzo grado di parentela o affinità, con esclusione degli altri.
Il detenuto/internato può essere autorizzato a fruire di un colloquio telefonico mensile dopo i primi sei mesi di applicazione del regime, in alternativa al colloquio visivo; la telefonata avverrà a distanza di tempo regolare dall’ultimo colloquio visivo/telefonico, è sottoposta a registrazione e ascoltata previa autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria.
Nel rapporto con i difensori, l’art 41bis comma 2 quater è stato dichiarato incostituzionale dalla Consulta (sentenza n. 143 del 17 Giugno 2013) nella parte in cui poneva limiti di frequenza agli stessi. Ad oggi i colloqui con i difensori non hanno limiti di durata e di frequenza e sono effettuati senza vetro divisorio.
Sono altresì previste limitazioni a somme, beni ed oggetti che possono essere ricevuti dall’esterno. E’ vietata la spedizione e ricezione di denaro e valori all’interno della corrispondenza ordinaria. I detenuti/internati possono ricevere denaro solo in occasione dei colloqui visivi o tramite vaglia postale. È previsto un limite di spesa pari a 500 euro mensili e 150 euro settimanali, ad esclusione della corrispondenza e degli acquisti di farmaci.
Sono escluse le rappresentanze dei detenuti e degli internati.
É prevista la sottoposizione a visto di censura della corrispondenza per ragioni investigative o per la prevenzione dei reati, ovvero per motivi di sicurezza o di ordine dell’istituto. A tutela della libertà di corrispondenza ex art. 15 comma 2 Cost è richiesta l’adozione del provvedimento tramite decreto motivato su richiesta del direttore o del Pm, del magistrato di sorveglianza o del giudice procedente, per gli imputati fino alla sentenza di primo grado. La missiva dovrà essere indirizzata ad unico destinatario, di cui il detenuto/internato deve indicare con esattezza nome cognome e indirizzo. Non è consentita la spedizione in unica busta di più missive indirizzate a persone diverse ad eccezione dei familiari conviventi, né la spedizione di missive, biglietti augurali e fotografie all’interno di pacco postale. Non è consentito spedire la corrispondenza epistolare priva di indicazione del mittente. La corrispondenza in arrivo priva di mittente non deve essere consegnata al detenuto/internato ma direttamente inoltrata all’Autorità giudiziaria per le determinazioni di competenza.
Sono previste dal comma 2 quater limitazioni della permanenza all’aperto. Ai detenuti/internati è consentita la permanenza all’aria aperta fino al limite di due ore giornaliere, compatibilmente con l’organizzazione dell’istituto e con l’esigenza di garantire a tutti i detenuti lo stesso trattamento. Gli orari di uscita e di rientro dei vari gruppi di socialità potranno essere sfalsati, al fine di consentire il regolare espletamento delle operazioni.
Nicolò Granocchia, Silvia Scattolini
Università degli Studi di Perugia - Facoltà di Giurisprudenza
Quadro delle norme |
Art. 15 Cost. Legge n. 354/1975, art. 41 bis Ministero della Giustizia, Circolare 3676/6126 del 2/10/2017 Corte Costituzionale, sentenza n. 143 del 17 giugno 2013 |
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