Cambio di mansioni: legittimo licenziare il lavoratore che rifiuta di farsi visitare

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Cambio di mansioni: legittimo licenziare il lavoratore che rifiuta di farsi visitare

E' legittimo il licenziamento per giusta causa della lavoratrice che non si sottopone a visita medica disposta dall'azienda per un cambio di mansioni. Lo ha deciso la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con ordinanza del 13 luglio 2022, n. 22094.

Rifiuto di visita medica per cambio di mansioni

Una lavoratrice, dipendente di una società di servizi con mansioni di impiegata amministrativa e inquadrata al livello 4°, veniva licenziata per giusta causa dal proprio datore di lavoro.

Nella lettera di contestazione disciplinare, la società le contestava di essersi rifiutata in due circostanze di effettuare la visita medica obbligatoria adducendo, in un caso, l'inidoneità del luogo di svolgimento del controllo sanitario e, nell'altro, non presentandosi nel luogo ed all'orario della convocazione per asserito illegittimo demansionamento.

Licenziamento disciplinare: impugnazione del lavoratore

La lavoratrice impugnava il licenziamento disciplinare presso il Tribunale di Bologna e, soccombente nella prima fase di giudizio, presso la Corte di appello della stessa sede che, con la sentenza n. 678/2019, confermava la pronuncia di primo grado, rigettando l'impugnativa del licenziamento promossa dalla dipendente.

La Corte territoriale, nella ricostruzione fattuale, evidenziava che la datrice di lavoro aveva comunicato alla lavoratrice, in una prima lettera, che la stessa avrebbe dovuto prendere servizio presso un appalto in Roma, invitandola contestualmente ad eseguire la visita medica.

La lavoratrice si era rifiutata di sottoporsi alla visita adducendo come motivazione l'inidoneità del luogo di svolgimento della stessa (avrebbe dovuto essere sottoposta a “prelievi di sangue all'interno di una stanza "riunioni aziendali" non asettica e neanche disinfettata”) e ribadendo la propria disponibilità alla visita in un luogo idoneo.

Convocata nuovamente presso un centro medico, la lavoratrice aveva inviato nel giorno della visita una lettera nella quale affermava di essersi presentata presso l'appalto e di aver appreso la notizia del cambio mansioni (sarebbe stata adibita alle pulizie). Conseguentemente non si era sottoposta all'accertamento medico in quanto finalizzato allo svolgimento di mansioni, a suo avviso, illegittime perchè non confacenti alla propria professionalità.

La Corte territoriale aveva ritenuto la richiesta di sottoposizione a visita medica conforme alla legge e il rifiuto della lavoratrice illegittimo e non giustificato.

Avverso tale decisione la dipendente ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi:

1) la Corte distrettuale ha erroneamente interpretato le disposizioni che impongono al datore di lavoro di sottoporre il dipendente ad accertamenti sanitari in caso di cambio di mansioni e al lavoratore di sottoporvisi (artt. 20 e 41 D.Lgs. n. 81/2008). Obiettivo della visita medica era infatti accertare l'idoneità della lavoratrice non allo svolgimento delle mansioni già assegnate e in corso di svolgimento, ma l'idoneità a svolgere nuove e diverse mansioni assegnate illegittimamente. Nella decisione, il giudice di merito avrebbe pertanto dovuto considerare, oltre al fatto oggettivo del cambio di mansioni, anche l'illegittimità del nuovo incarico;

2) la Corte di merito, ai fini dell'accertamento della sussistenza della giusta causa, non ha considerato, da un lato, la buona fede della lavoratrice e, dall'altro, la sproporzione della sanzione inflitta rispetto alla condotta contestata.

Visita medica di idoneità per cambio di mansioni legittima

La Corte di Cassazione ritiene il primo motivo infondato perchè la visita medica di idoneità in ipotesi di cambio delle mansioni è prescritta per legge dall'art. 41, comma 2, lett. d), D.Lgs. n. 81/2008 e una sua omissione avrebbe costituito un colposo e grave inadempimento del datore di lavoro.

Diversamente non è assolutamente giustificabile ai sensi dell'art. 1460 c.c. il comportamento della lavoratrice che non si era sottoposta alla seconda visita adducendo un illegittimo cambio di mansioni. Se infatti da un lato, il datore di lavoro aveva adeguato la propria condotta alle prescrizioni imposte dalla legge per la tutela delle condizioni fisiche dei dipendenti nell'espletamento delle mansioni loro assegnate, dall'altro lato, la dipendente avrebbe potuto impugnare l'esito della visita non condiviso o l'asserito illegittimo demansionamento innanzi agli organi competenti.

Giusta causa di licenziamento e accertamento di merito

La Suprema Corte ritiene il secondo motivo inammissibile. La giusta causa di licenziamento, evidenzia, “che deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro e, in particolare, dell'elemento fiduciario, integra una clausola generale che richiede di essere concretizzata dall'interprete tramite valorizzazione dei fattori esterni relativi alla coscienza generale e dei principi tacitamente richiamati dalla norma, quindi mediante specificazioni che hanno natura giuridica e la cui disapplicazione è deducibile in sede di legittimità come violazione di legge, mentre l'accertamento della ricorrenza concreta degli elementi del parametro normativo si pone sul diverso piano del giudizio di fatto demandato al giudice del merito e incensurabile in cassazione se privo di errori logici e giuridici (Cass. 26.4.2012 n. 6498; Cass. n. 5095/2011)”.

Le contestazioni riguardanti gli elementi idonei a costituire la giusta causa di licenziamento e la proporzionalità della sanzione presuppongono accertamenti devoluti al giudice del merito.

Nel caso oggetto di giudizio, il giudice del merito ha ritenuto comprovati, sulla base della ricostruzione dei fatti, l'illegittimità del comportamento omissivo della dipendente e la finalità di prevenzione ai fini della sicurezza del lavoratore della condotta del datore di lavoro.

Alla luce delle predette argomentazioni la Corte di cassazione rigetta il ricorso della lavoratrice.

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