Borsista “dipendente” se pagano e a tempo

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La Corte di Giustizia europea, con una sentenza del 17 luglio scorso (causa C-94/07), si è pronunciata, su rinvio pregiudiziale del Tribunale del lavoro di Bonn, in ordine ad una controversia tra un ricercatore italiano ed un centro di ricerche privato tedesco. Lo studioso aveva adito il giudice del lavoro in quanto aveva ottenuto una borsa di studio per un dottorato di ricerche presso un istituto privato il quale, nella lettera di attribuzione dell'incarico, aveva precisato che l'accettazione della borsa non avrebbe comportato, in alcun modo, l'obbligo di prestare attività di lavoro dipendente. I giudici europei, esaminata la causa, hanno evidenziato come la nozione di “lavoratore” abbia una portata comunitaria e non sia soggetta a restrizioni nazionali; in particolare, si ha rapporto di lavoro quando un soggetto fornisca, a favore di un altro e sotto la direzione di questo, prestazioni in contropartita delle quali riceve un compenso. Il giudice nazionale, continua la Corte, a prescindere dall'inquadramento formale del ricercatore, deve analizzare il contenuto del contratto di dottorato e le modalità di attuazione delle prestazioni previste, per stabilire se dietro l'attribuzione di una borsa di studio si mascheri un rapporto di lavoro. Sempre lo stesso giudice avrà, inoltre, il compito di accertare se l'istituto di ricerche abbia tenuto una condotta discriminatoria nei confronti del ricercatore rispetto ad altri colleghi tedeschi che, per la sua stessa attività, erano stati assunti a tempo parziale.
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