Assenza oltre contestazione Licenziamento valido
Pubblicato il 03 novembre 2016
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La Corte di Cassazione, sezione lavoro, ha confermato la legittimità del licenziamento disciplinare intimato ad un dipendente, per ingiustificata assenza dal lavoro, motivata sulla scorta di presunte vessazioni che assumeva di aver subito.
Già la Corte territoriale aveva ritenuto il provvedimento espulsivo del tutto regolare sotto il profilo formale, non ravvisando la modificazione della contestazione denunciata dal lavoratore.
Difatti, a seguito dell’assenza dal lavoro protrattasi per due giorni e per l’appunto motivata da presunti maltrattamenti subiti, la società datrice aveva intimato al dipendente di rendere le proprie giustificazioni e di riprendere il lavoro senza indugio. Ciò nondimeno lo stesso dipendente, con successiva lettera, aveva ribadito le ragioni della propria assenza; così che il datore di lavoro, perdurando detta assenza ingiustificata, aveva proceduto al suo licenziamento con preavviso.
Benché la lettera di incolpazione iniziale facesse riferimento a soli due giorni di assenza – laddove invece il provvedimento espulsivo si riferiva ad ulteriori giorni di assenza, protrattasi dopo la prima contestazione – il giudice dell’impugnazione rimarcava come l’apparente discrasia tra i fatti posti alla base della contestazione iniziale e quelli che sorreggevano il provvedimento disciplinare, non esplicasse alcun rilievo sotto il profilo della regolarità del provvedimento espulsivo, in quanto non si traduceva in una concreta violazione del diritto di difesa del lavoratore.
Violazione immutabilità contestazione Solo se leso diritto di difesa
Lettura del tutto confermata dalla Corte Suprema, secondo cui, in tema di licenziamento disciplinare, la violazione del principio di immutabilità della contestazione non può essere ravvisata in ogni ipotesi di divergenza tra i fatti posti alla base della contestazione iniziale e quelli che sorreggono il provvedimento disciplinare, ma solo nei casi in cui tale divergenza comporti in concreto una violazione del diritto di difesa del lavoratore, per essere avvenuta una sostanziale mutazione del fatto addebitato.
Dipendente può discolparsi Licenziamento legittimo
Orbene nel caso di specie – secondo la Corte Suprema - i giudici distrettuali, individuando l’oggetto della contestazione nell'assenza ingiustificata dal lavoro, ne hanno correttamente rimarcato l’identità ontologica rispetto ai fatti posti a fondamento del provvedimento espulsivo, evidenziando come la protrazione di detta assenza nei giorni successivi alla prima contestazione, non avesse affatto vulnerato il diritto di difesa del dipendente, messo comunque nella condizione di giustificarsi e porre rimedio.
Lo stesso lavoratore tuttavia, confermando la propria assenza e ribadendo la propria volontà di non riprendere l’attività lavorativa, aveva scientemente protratto la propria condotta nella consapevolezza del suo rilievo sul piano disciplinare.
Il licenziamento in questione – conclude la Corte con sentenza n. 22127 del 2 novembre 2016 - deve dirsi duqnue legittimo, poiché intimato in relazione a condotte rispetto alle quali il dipendente è stato messo pienamente in condizioni di discolparsi.
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