Appropriazione di pregi di altra impresa: è concorrenza sleale
Pubblicato il 14 luglio 2021
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Pubblicazione, sul proprio sito internet, dei nomi di numerosi clienti altrui: è concorrenza sleale.
Viene a configurarsi una condotta di appropriazione di pregi ex articolo 2598, comma 1, numero 2 c.c., laddove l’imprenditore si vanti delle caratteristiche della propria impresa, mutuate da quelle di un'azienda concorrente, e se il vanto abbia l’attitudine di fare indebitamente acquisire al primo meriti non posseduti, realizzando una concorrenza sleale per cd. “agganciamento”, quale atto illecito di mero pericolo.
Situazione, questa, che può realizzarsi nell’ipotesi in cui un’agenzia pubblicitaria, con la quale abbia iniziato a collaborare un soggetto che aveva realizzato campagne pubblicitarie per un’altra impresa, vanti sul proprio sito web il carnet di clienti di quest’ultima, lasciando intendere di avere curato essa stessa le precedenti campagne pubblicitarie.
Concorrenza sleale per appropriazione dei pregi, quando si realizza?
E’ sulla scorta di questi assunti che la Corte di cassazione, con ordinanza n. 19954 del 13 luglio 2021, ha accolto, con rinvio, il ricorso promosso da un’agenzia pubblicitaria che si era vista respingere, da Tribunale e Corte d’appello, la domanda volta a condannare un’impresa concorrente alla cessazione dell’attività di concorrenza sleale, asseritamente posta in essere mediante la pubblicazione, sul proprio sito internet, dei nomi di numerosi clienti che erano, invece, dell’attrice.
Nella decisione, la Suprema corte ha sottolineato come la nozione di appropriazione di pregi sia ampia, trattandosi di una condotta che si realizza quando, in forme pubblicitarie o equivalenti, un imprenditore attribuisca ai propri prodotti o alla propria impresa qualsiasi caratteristica dell’impresa e dei prodotti concorrenti che sia considerata dal mercato come qualità positiva e diventi, quindi, motivo di preferenza e di turbamento nella libera scelta del cliente.
In particolare, il fatto stesso di pubblicizzare, su internet o altro mezzo di comunicazione, come propri, dati clienti reputati “di prestigio” o significativi della qualità del servizio, ma in realtà riferibili a un concorrente, vantando così una “storia imprenditoriale” che presuppone, contrariamente al vero, un’attività esercitata senza soluzione di continuità con quella di altra impresa concorrente, determina il compimento di atti di concorrenza sleale per appropriazione di pregi.
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