Antielusione. Verifiche fiscali con dati antiriciclaggio
Pubblicato il 17 maggio 2018
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Il 16 maggio 2018 è stato approvato, in via definitiva, dal Consiglio dei Ministri il decreto legislativo di attuazione della Direttiva (UE) 2016/2258 recante modifica alla direttiva 2011/16/UE per quanto riguarda l’accesso da parte delle autorità fiscali alle informazioni in materia di antiriciclaggio.
Il provvedimento disciplina l’accesso alle informazioni in materia di antiriciclaggio, al fine di garantire una cooperazione amministrativa efficiente tra gli Stati membri.
Uno dei principali aspetti delineati dal decreto è, infatti, proprio la possibilità, per l’Amministrazione finanziaria, di effettuare verifiche fiscali sulla base dei dati antiriciclaggio, avvalendosi - per la costruzione degli accertamenti fiscali - anche delle informazioni che vengono archiviate e conservate dai professionisti durante la procedura di adeguata verifica della clientela e non solo di quegli elementi che configurano indici di sospetto e che si tramutano in segnalazioni di operazione sospette.
Si tratta di un enorme patrimonio informativo, che sarà messo a disposizione e sarà visionabile per l’equiparazione – ai sensi della normativa comunitaria – tra contrasto ai proventi del riciclaggio e contrasto all'elusione fiscale.
Accertamenti fiscali con più informazioni
Nello specifico, il provvedimento approvato ieri, prevede che i servizi di collegamento designati a fornire alle autorità richiedenti degli altri Stati membri gli elementi utili per lo scambio di informazioni e la cooperazione amministrativa, oltre a utilizzare i dati e le notizie contenuti nell’Anagrafe tributaria o acquisiti dell’Agenzia delle Entrate nel corso dei propri accertamenti, hanno accesso anche ai dati e alle informazioni sulla titolarità effettiva di trust e di persone giuridiche, contenuti nell’apposita sezione del registro delle imprese (art. 21 Dlgs n. 231/2007 e successive modificazioni).
Inoltre, per l’espletamento delle indagini amministrative finalizzate allo scambio di informazioni, è consentito all’Agenzia delle Entrate e alla Guardia di finanza l’accesso ai documenti, ai dati e alle informazioni acquisiti in assolvimento degli obblighi di adeguata verifica della clientela conservati dai soggetti tenuti a questo obbligo.
Assegni non trasferibili senza sconto sanzioni
L’approvazione definitiva del Dlgs da parte del CdM ha visto svanire, all’ultimo minuto, le norme richieste dal precedente Parlamento per la riduzione delle penalità per chi emette o porta all’incasso assegni dal valore di mille euro in su, senza la clausola di non trasferibilità.
La maxisanzione in discussione, dallo scorso 4 luglio, va da 3mila a 50mila euro con la possibilità di oblazione (pagamento per chiudere la contestazione) da 6mila a 16.666 euro.
Nel corso dell’approvazione del decreto da parte del Governo, però, è prevalsa una linea di cautela e, alla fine, si è deciso per il dietrofront sullo sconto delle maxisanzioni per gli assegni non trasferibili, mossi dalla preoccupazione che l’inserimento di tale correzione normativa potesse rappresentare un eccesso di delega rispetto alle finalità del decreto legislativo.
La soluzione prospettata dai tecnici del precedente Governo era quella di un ritorno ad una sanzione proporzionale, non nella versione antecedente al 4 luglio 2017, ma nella misura del 10% per gli importi fino a 30mila euro, mantenendo la struttura sanzionatoria attuale per gli importi superiori.
Questo sistema, però, si sarebbe applicato anche alle violazioni commesse dal 4 luglio 2017 con possibilità di rimborsi per tutti coloro che avevano già pagato l’oblazione, che avrebbero preferito invece chiudere i conti e non inviare contromemorie difensive alle Ragionerie territoriali competenti.
Così, se le norme sulla riduzione delle sanzioni fossero passate, si sarebbe aperta la strada ad una numerosa serie di richieste di risarcimenti.
Per tali ragioni, il CdM ha desistito, rinviando la questione al nuovo Governo e al Parlamento.
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