Amministrazione di sostegno e mantenimento in vita. Precisazioni della Consulta

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Amministrazione di sostegno e mantenimento in vita. Precisazioni della Consulta

La Corte costituzionale ha ritenuto infondate le questioni di legittimità che le sono state sottoposte in riferimento alla disposizione di cui all’art. 3, commi 4 e 5, della Legge n. 219/2017 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento).

Detta previsione è stata censurata dal giudice tutelare del Tribunale ordinario di Pavia, nella parte in cui stabilisce che l’amministratore di sostegno, la cui nomina preveda l’assistenza necessaria o la rappresentanza esclusiva in ambito sanitario, in assenza delle disposizioni anticipate di trattamento (DAT), possa rifiutare, senza l’autorizzazione del giudice tutelare, le cure necessarie al mantenimento in vita dell’amministrato.

Consulta: presupposto interpretativo errato

Con sentenza n. 144 del 13 giugno 2019, la Consulta ha, in primo luogo, precisato come sia errato il presupposto interpretativo su cui si fondano le dette questioni di legittimità costituzionale.

Difatti, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice rimettente, le norme censurate non attribuiscono ex lege a ogni amministratore di sostegno che abbia la rappresentanza esclusiva in ambito sanitario anche il potere di esprimere o no il consenso informato ai trattamenti sanitari di sostegno vitale.

La Corte ha quindi chiarito come, nella logica di sistema dell’amministrazione di sostegno, sia il giudice tutelare che, con il decreto di nomina, individua l’oggetto dell’incarico e gli atti che l’amministratore ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario.

Ed è il giudice, pertanto, che deve individuare e circoscrivere i poteri dell’amministratore, “anche in ambito sanitario, nell’ottica di apprestare misure volte a garantire la migliore tutela della salute del beneficiario, tenendone pur sempre in conto la volontà, come espressamente prevede l’art. 3, comma 4, della legge n. 219 del 2017”.

Il conferimento esclusivo in ambito sanitario non include il potere di rifiutare le cure

In definitiva - si legge nella sentenza - l’interpretazione della norma sottoposta all’esame di costituzionalità, tenuto conto dei principi che conformano l’amministrazione di sostegno, porta conclusivamente “a negare che il conferimento della rappresentanza esclusiva in ambito sanitario rechi con sé, anche e necessariamente, il potere di rifiutare i trattamenti sanitari necessari al mantenimento in vita”.

Le norme censurate si limitano a disciplinare il caso in cui l’amministratore di sostegno abbia ricevuto anche tale potere, mentre spetta al giudice tutelare “attribuirglielo” in occasione della nomina o successivamente, allorché il decorso della patologia del beneficiario specificamente lo richieda.

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