Allarme acconto IRPEF 2025: correttivo in arrivo

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Allarme acconto IRPEF 2025: correttivo in arrivo

Per l'anno 2025, l'acconto Irpef è richiesto solo se l'importo risultante, calcolato come differenza tra l'imposta dovuta per il 2024 e le detrazioni, i crediti d'imposta e le ritenute, supera i 51,65 euro. Il calcolo va effettuato seguendo le regole fiscali applicabili per l’anno d’imposta 2024, ma applicando le aliquote previste per il 2023.

È la soluzione annunciata dal Governo – comunicato del 25 marzo 2025 – per correggere gli aumenti causati dalla mancata applicazione delle tre aliquote sugli acconti fiscali. Seguirà, entro il 10 aprile 2025, in coincidenza con l’approvazione del Documento di economia e finanza (Def) da 250 milioni, un intervento normativo (forse sotto forma di decreto-legge) prima della pubblicazione del modello 730 precompilato.

Cosa è accaduto

Tutto nasce dalle segnalazioni dei CAF, che hanno rilevato un aumento della pressione fiscale per i lavoratori dipendenti chiamati a versare l’acconto per il 2025, anche in assenza di redditi ulteriori rispetto a quelli già assoggettati a ritenuta alla fonte.

Nel dettaglio, la questione deriva da quanto stabilito dall’articolo 1, comma 4, del Decreto Legislativo n. 216/2023.

La riforma temporanea dell’IRPEF per il 2024

Va ricordato che il comma 1 dello stesso articolo ha introdotto, esclusivamente per l’anno 2024, una modifica agli scaglioni di reddito IRPEF, riducendoli da quattro a tre, insieme alle relative aliquote. In particolare, al posto delle aliquote indicate nell’art. 11, comma 1, del TUIR, per il 2024 sono stati previsti i seguenti scaglioni e percentuali:

  • 23% per redditi fino a 28.000 euro;
  • 35% per redditi oltre 28.000 euro e fino a 50.000 euro;
  • 43% per redditi superiori a 50.000 euro.

In sostanza, i primi due scaglioni sono stati accorpati, applicando l’aliquota del 23% fino a 28.000 euro, mentre in precedenza i redditi compresi tra 15.000 e 28.000 euro erano tassati al 25%.

Aumento della detrazione da lavoro dipendente

Nel 2024, l’articolo 1, comma 2, del Decreto Legislativo n. 216/2023 ha aumentato da 1.880 a 1.955 euro la detrazione IRPEF per i redditi da lavoro dipendente (escluse le pensioni) e per alcuni redditi assimilati, a favore dei contribuenti con un reddito complessivo fino a 15.000 euro, come previsto dall’art. 13, comma 1, lettera a), primo periodo, del TUIR.

Tali misure sono state poi rese strutturali a partire dal 2025 dalla Legge di bilancio n. 207/2024 (art. 1, comma 2).

Il problema del calcolo degli acconti

Inoltre, il comma 4 dell’articolo 1 del Decreto Legislativo n. 216/2023 stabilisce che, per calcolare gli acconti IRPEF dovuti per gli anni fiscali 2024 e 2025, si deve fare riferimento all’imposta che sarebbe risultata senza applicare le modifiche introdotte dai commi 1 e 2. Pertanto, ai fini del calcolo degli acconti, si devono considerare le regole valide nel 2023.

Posto ciò, va detto che l’assenza di un allineamento tra le due normative ha generato incertezza nel calcolo degli acconti Irpef per il 2025, che si basa ancora sulle quattro vecchie aliquote e sulla precedente detrazione da lavoro dipendente di 1.880 euro, meno favorevole rispetto a quella attuale di 1.955 euro.

Secondo i Caf della CGIL, questo disallineamento potrebbe comportare un aggravio d’imposta compreso tra 75 e 260 euro per i lavoratori dipendenti e tra 100 e 260 euro per i pensionati, con possibilità di recupero in sede di dichiarazione.

Interpretazione autentica del Mef

Arriva quindi il chiarimento sull’anomalia segnalata e le intenzioni del Governo.

Nel comunicato stampa del 25 marzo 2025 viene precisato che l’irregolarità evidenziata dai CAF è dovuta al fatto che aliquote, scaglioni e detrazioni IRPEF sono stati inizialmente modificati in modo provvisorio solo per il 2024, per poi essere resi permanenti a partire dal 2025.

Si chiarisce che la norma in questione mirava a neutralizzare gli effetti delle modifiche IRPEF esclusivamente per gli acconti dovuti da coloro che, avendo redditi aggiuntivi rispetto a quelli già soggetti a ritenuta alla fonte, presentano una dichiarazione dei redditi con saldo a debito.

Non era dunque intenzione del legislatore coinvolgere i contribuenti – come la maggior parte di lavoratori dipendenti e pensionati – che, non avendo altri redditi, non sono obbligati a presentare la dichiarazione dei redditi.

Il problema, dunque, riguarda solo quei lavoratori dipendenti che percepiscono anche altri redditi. In questi casi, data la presenza di più fonti di reddito, è possibile che emerga un acconto da versare, calcolato con le vecchie regole, che potrà essere recuperato successivamente.

Per risolvere la questione prima dell’inizio della campagna dichiarativa, il Governo ha deciso di agire con urgenza, annunciando un intervento correttivo da attuare entro il 30 aprile, data in cui sarà resa disponibile ai contribuenti la dichiarazione 730 precompilata.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha chiarito che quanto previsto dall’articolo 1, comma 4, del Decreto Legislativo n. 216/2023 deve essere interpretato nel senso che l’acconto IRPEF per il 2025 è dovuto, applicando le aliquote del 2023, solo se la differenza tra l’imposta 2024 e le detrazioni, i crediti d’imposta e le ritenute supera i 51,65 euro, con calcoli effettuati secondo le regole valide per il 2024.

Verso un intervento normativo

Secondo quanto indicato nel comunicato, questa interpretazione sarà recepita in un apposito intervento legislativo, che permetterà anche l’utilizzo delle nuove aliquote 2025 per determinare l’acconto.

L’intervento sarà adottato per tempo, in modo da evitare complicazioni per i contribuenti sia nella dichiarazione sia nei pagamenti.

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