Al socio dipendente non si può ridurre l’orario di lavoro per pagarlo meno
Autore: Roberta Moscioni
Pubblicato il 10 marzo 2012
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Con la nota protocollo n. 2589/2012, il ministero del Lavoro estende il principio della “mora del creditore”, di cui agli articoli 1206-1217 del Codice civile, ai soci di cooperative. Pertanto, tutte le volte che il socio lavoratore offre la sua prestazione alla società e questa non è in grado di accettarla per ragioni direttamente imputabili all’organizzazione del datore di lavoro, il lavoratore deve comunque essere pagato per le ore di lavoro inizialmente pattuite.
Richiamando, infatti, la Legge n. 142/2001, il Ministero specifica che tutte le volte in cui il socio lavoratore instaura con la società oltre che un rapporto associativo, anche uno di lavoro subordinato, il lavoratore è tenuto ugualmente ad essere pagato per le ore di lavoro pattuite, dal momento che al datore di lavoro non è consentito ridurre unilateralmente l’orario di lavoro e, di conseguenza, la retribuzione spettante al lavoratore (art. 1372 Codice civile).
La riduzione dell’orario di lavoro sotto la soglia minima prevista dalla contrattazione collettiva è consentita solo se c’è accordo sindacale. Ne deriva che ogni azione unilaterale adottata dal datore di lavoro dà origine a forme di lavoro improprie, con ripercussioni negative per i lavoratori.
Conclude, così, la nota ministeriale: anche se il datore di lavoro decidesse di ridurre l’orario di lavoro, il compenso pattuito al momento dell’assunzione deve esser comunque corrisposto. La condizione vale anche per le società cooperative che, come ogni altra impresa, sono tenute a garantire ai soci lavoratori la retribuzione stabilità per le ore concordate. Unica eccezione è ammessa in situazione di difficoltà oggettiva derivante da crisi aziendale. È necessario, però, che la decisione sia deliberata dall’assemblea e avvalorata da una effettiva riduzione del fatturato.
- ItaliaOggi, p. 36 - Retribuzione piena anche se l'orario è ridotto
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