Accordi di ristrutturazione: sì al termine per integrazioni
Pubblicato il 13 aprile 2018
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Secondo la Corte di cassazione, anche in caso di accordi di ristrutturazione dei debiti, il giudice può concedere il termine, non superiore a quindici giorni, per apportare integrazioni e produrre nuovi documenti di cui all’articolo 162, comma 1 della Legge fallimentare; facoltà, questa, pacificamente applicata al concordato preventivo.
Matrice comune tra accordo di ristrutturazione e concordato preventivo
La Prima sezione civile ha, in proposito, sottolineato la “significativa interscambiabilità” in itinere degli strumenti dell’accordo di ristrutturazione e del concordato preventivo nella regolazione della crisi d’impresa, in considerazione della corrispondenza, definita “biunivoca”, tra l’articolo 161, comma 6 e l’articolo 182-bis comma 8 della Legge fallimentare.
Evidenziata, in detto contesto, la matrice comune dei due istituti nell’ambito della domanda cosiddetta “prenotativa”, a partire dal cui deposito l’imprenditore è soggetto agli stessi presupposti, termini, obblighi, controlli e sanzioni, a prescindere che si accinga a depositare una proposta di concordato o un accordo di ristrutturazione, in vista della loro futura omologazione.
E’ quanto sancito nel testo della sentenza n. 9087 depositata il 12 aprile 2018, con cui i giudici di legittimità hanno ritenuto non condivisibile l’affermazione con cui la Corte di secondo grado aveva ritenuto che la disposizione di cui all’articolo 162, comma 1 citata, sulla concessione di un termine per integrazioni, fosse inapplicabile agli accordi di ristrutturazione dei debiti.
Nella specie, è stato accolto il ricorso presentato da una Srl a cui, appunto, la Corte d’appello aveva negato la concessione del suddetto termine, occorrente alla società per raccogliere l’adesione di una banca creditrice.
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