Accertamento Fatti notori non bastano
Pubblicato il 06 giugno 2016
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E’ illegittimo l’accertamento, qualora l’Amministrazione finanziaria abbia determinato l’ammontare del ricavo evaso, senza indicazione di criteri logici e fonti di convincimento trasparenti ed agevolmente consultabili dal contribuente. Con ciò, venendo meno all'onere su di essa incombente, di identificare le fonti di prova a sostegno del criterio di liquidazione della pretesa, che non siano semplici valutazioni apodittiche.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, accogliendo le ragioni di un contribuente, richiedente l’annullamento di un accertamento Irpef a mezzo del quale era stata recuperata a tassazione la plusvalenza realizzata per il trasferimento di una “licenza taxi”.
Il contribuente lamentava, in particolare, che le modalità di calcolo della contestata plusvalenza – per cui l’Agenzia delle Entrate era ricorsa ad indagini di mercato attraverso siti internet – aveva impedito qualsivoglia valida contestazione, non essendo contenuto nel provvedimento impugnato alcun elemento specifico di valutazione.
In accertamento presupposti di fatto e ragioni giuridiche
In accoglimento della doglianza, il Supremo Collegio ha evidenziato che in tema di imposte sui redditi, l’art. 42 comma 2 D.p.r. 600 del 29 settembre 1973 richiede l’indicazione, nell'avviso di accertamento, non soltanto degli estremi del titolo e della pretesa impositiva, ma anche dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che lo giustificano, al fine di porre il contribuente nella posizione di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale ed, in caso positivo, di contestare efficacemente l’an ed il quantum debeatur. Tali elementi conoscitivi devono essere forniti non solo tempestivamente (ab origine nel provvedimento), ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità che permette all'interessato l’esercizio non difficoltoso del diritto di difesa.
Presunzioni gravi Precise e concordanti
Nella statuizione impugnata pertanto – conclude la Corte con sentenza n.11074 del 30 maggio 2016 – il giudicante ha erroneamente fatto derivare dalla semplice notorietà della cessione di azienda, la correlata presunzione in ordine all'ammontare del corrispettivo ed ha di fatto sollevato l’Agenzia procedente dall'onere di dimostrare i presupposti dell’azione amministrativa (dovendo essi consistere almeno in presunzioni gravi, precise e concordanti), nell'ottica della legittimità del provvedimento impositivo e dell’ammontare della pretesa in esso contenuta.
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