Versamenti in conto capitale e prestiti infruttiferi trovano giustificazione nel patrimonio dei soci

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Una società a cui era stato notificato un avviso di accertamento relativo al periodo d’imposta 1993, a seguito del quale l’ufficio del Fisco aveva ritenuto inesistenti le passività iscritte in bilancio a titolo di “versamento in conto capitale” o come “finanziamenti infruttiferi”, riprendendo a tassazione i relativi importi, ha proposto ricorso dinanzi alla Commissione tributaria regionale.

Il ricorso si fondava sul fatto che l’accertamento dell’ufficio si basava sulle dichiarazioni dei singoli soci, dai quali emergevano per gli anni dal 1990 al 1994 redditi tali da non poter giustificare un effettivo materiale versamento alla società.

Ma, come sostenuto dalla Ctr, le dichiarazioni dei redditi dei singoli soci non possono essere valutate per dimostrare l’inesistenza dei suddetti versamenti da parte dei soci, avendo tali poste carattere patrimoniale e non reddituale.

La questione è andata avanti nei vari gradi di giudizio fino a giungere dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione, dato che l’agenzia delle Entrate aveva addotto un uso scorretto dell’onere probatorio e aveva ritenuta illogica l’affermazione dei giudici di secondo grado secondo cui la natura patrimoniale e non reddituale delle citate voci di bilancio non poteva far discendere argomenti di prova della loro esistenza dalla dichiarazione dei redditi dei soci.

La Corte, con la sentenza n. 18935/2011, ha rigettato il ricorso dell’Amministrazione finanziaria ed avvalorato la posizione dei giudici di merito, secondo cui dalla dichiarazione dei redditi dei singoli soci non possono essere tratti argomenti nemmeno presuntivi in grado di escludere il versamento alla società delle somme a titolo di versamenti in conto capitale. Ciò in quanto le dimensioni di un patrimonio non sono “necessariamente ed univocamente connesse all’entità dei redditi di cui il relativo titolare disponga”. Ne deriva che il patrimonio dei soci può essere considerato un elemento rilevante ai fini della produzione di reddito ed essere utilizzato dai soci stessi per effettuare finanziamenti alla società.

Non spetta, infine, al contribuente provare “i presupposti degli oneri e dei costi deducibili concorrenti alla determinazione del reddito d’impresa, compresa la loro inerenza e la loro diretta imputazione ad attività produttive di ricavi”.I versamenti in conto capitale e i finanziamenti infruttiferi non costituiscono costi e oneri deducibili, bensì poste dello stato patrimoniale e l’accertamento della loro eventuale inesistenza farebbe emergere perdite di importo corrispondente a quello dei versamenti inesistenti”.
Allegati Anche in
  • Il Sole 24 Ore - Norme e Tributi, p. 4 - Il patrimonio legittima il prestito - Falcone

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