Un dialogo sempre più fitto

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Il meccanismo del rinvio pregiudiziale, attraverso un dialogo sempre maggiore tra i giudici interni e la Corte di Giustizia europea, ha portato a rafforzare il diritto comunitario. Infatti, nel caso di un dubbio sull'interpretazione e sulla validità del diritto comunitario, il giudice nazionale può sospendere il processo ed aspettare la sentenza vincolante della Corte di Giustizia. Anche la Corte Costituzionale italiana si è rivolta alla Corte dell'Ue con l'ordinanza n. 103 del 15 aprile 2008 rimettendo ai giudici europei questioni interpretative. Lo strumento del rinvio pregiudiziale, come statuito dalla stessa Corte di Giustizia (causa C-173/03), consente di testare la conformità del diritto interno rispetto a quello comunitario; è prevista, infatti, una responsabilità per i danni provocati da non corretta applicazione del diritto comunitario. La Corte di Lussemburgo ha altresì precisato come i giudici nazionali debbano uniformarsi alle sentenze europee anche quando queste incidano su provvedimenti amministrativi interni definitivi (causa C-119/05) e non richiamino l'applicazione del diritto comunitario (causa C-2/06). Tra qualche mese la Corte Ue dovrà rispondere, infine, alla Cassazione sugli effetti di una pronuncia comunitaria in ordine ad una decisioni interna anche su settori diversi rispetto a quello degli aiuti di Stato (causa C-2/08).
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