Trasformazione banche popolari Recesso da tutelare
Pubblicato il 03 dicembre 2016
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Limitazione/esclusione rimborso per socio recedente Incostituzionale?
Il Consiglio di Stato, sesta sezione, in accoglimento di alcuni ricorsi, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 D.L. n. 3/2015 (Misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti, convertito con modificazioni in Legge n. 33/2015), nella parte in cui prevede che, disposta dall'assemblea della banca popolare la trasformazione in società per azioni, il diritto al rimborso delle azioni al socio che a fronte di tale trasformazione eserciti il recesso, possa essere limitato o addirittura escluso tout court; non, invece, soltanto differito entro limiti temporali predeterminati e con previsione di un interesse corrispettivo.
Espressi parimenti dubbi di costituzionalità, in ordine alla parte della menzionata normativa in cui si attribuisce alla Banca d’Italia il potere di disciplinare le modalità di tale esclusione, nella misura in cui detto potere è conferito anche in deroga a norme di legge. Trattasi, di fatto, di una sorta di delega in bianco all'Istituto di Vigilanza, senza previa e puntuale indicazione delle norme legislative che possono essere derogate ed in ambiti verosimilmente coperti da riserva di legge.
Sulla questione si attende dunque una prossima pronuncia della Consulta.
Circolare Banca d’Italia sospesa
Alla luce degli evidenziati profili di incostituzionalità, il Consiglio di Stato – con ordinanza n. 5383 del 2 dicembre 2016 - si è altresì pronunciata per la sospensione cautelare parziale della Circolare della Banca d’Italia n. 285 del 17 dicembre 2013, affetta da vizi propri nelle parti in cui: attribuisce agli organi della stessa società interessata dal recesso (e quindi, in pratica, allo stesso debitore del rimborso spettante al socio che recede) il potere di decidere l’esclusione del rimborso medesimo, così venendosi a creare una irragionevole situazione di conflitto di interessi; attribuisce all'autonomia statutaria della società il potere di introdurre “deroghe a disposizioni del codice civile e ad altre norme di legge”, dando così vita a un’inedita forma di delegificazione di fonte negoziale.
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