Ticket di licenziamento, dovuto in tutti i casi di possibile accesso alla NASpI
Pubblicato il 02 settembre 2021
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In tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, già dal 1° gennaio 2013, è dovuta, a carico del datore di lavoro, una somma pari al 41% del massimale mensile di NASpI, per ogni dodici mesi di anzianità aziendale sino ad un massimo di trentasei mesi.
Come noto, per l’anno 2021, gli importi minimali e massimali normalmente oggetto di rivalutazione monetaria sono rimasti invariati rispetto a quelli stabiliti per l’anno 2020, e già pubblicati dall’Istituto previdenziale con la Circolare 10 febbraio 2020, n. 20.
Per l’anno 2021, gli importi utili al calcolo del contributo di licenziamento sono desumibili dalla Circolare INPS 21 gennaio 2021, n. 7.
Contributo di licenziamento, i casi di esclusione
In claris non fit interpretatio. Il comma 31, art. 2, Legge 28 giugno 2012, n. 92, non obbliga i datori di lavoro al versamento del contributo NASpI nei soli casi in cui si proceda ad un licenziamento, bensì a tutte le ipotesi di interruzione del rapporto di lavoro che, indipendentemente dal requisito contributivo, darebbero diritto al trattamento di disoccupazione e dunque, indipendente da requisiti contributivi o da effettiva percezione da parte dell’ex lavoratore del sussidio di disoccupazione.
Pertanto, oltre alle ipotesi di recesso per mera volontà datoriale, il ticket di licenziamento trova applicazione anche nelle ipotesi di dimissioni per giusta causa ovvero di dimissioni della lavoratrice madre entro il primo anno di età di vita del bambino ovvero di risoluzione consensuale ex art. 7, Legge 15 luglio 1966, n. 604.
Nello specifico, il contributo è dovuto dal datore di lavoro ogniqualvolta intervenga una cessazione da un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a seguito di:
- licenziamento per giustificato motivo oggettivo (codice Uniemens “1A”);
- licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo (codice Uniemens “1D”);
- dimissioni per giusta causa, ivi incluse le ipotesi di recesso del lavoratore a seguito di rifiuto alla disposizione di trasferimento ad altra sede distante oltre 50km dalla residenza o mediamente non raggiungibile in 80 minuti con i mezzi pubblici ovvero nelle ipotesi di recesso entro tre mesi dal trasferimento d’azienda per mutate condizioni di lavoro (codice Uniemens “1S”);
- dimissioni nel periodo tutelato di maternità (codice Uniemens “1S”);
- interruzione del rapporto di lavoro a seguito di recesso del datore di lavoro ai sensi degli artt. 2118 e 2119, Codice Civile, per mancato superamento del periodo di prova o al termine del periodo di formazione dell’apprendista (rispettivamente codici Uniemens “1T” e “1V”);
- risoluzione consensuale ai sensi dell’art. 7, comma 7, Legge 15 luglio 1966, n. 604, nell’ambito delle procedure di licenziamento individuale ante jobs act e per le aziende con i requisiti dimensionali di cui all’art. 18, Legge 20 maggio 1970, n. 300 (codice Uniemens “1H”);
- licenziamento con successiva accettazione dell’offerta nelle procedure di conciliazione di cui all’art. 6, Decreto Legislativo 4 marzo 2015, n. 23 (in tal senso, l’accettazione dell’offerta, a volte impropriamente ricondotta a risoluzione consensuale, non muta il titolo di cessazione del rapporto di lavoro che, peraltro, da origine alla procedura conciliativa citata);
- risoluzione incentivata a seguito di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle OO.SS. comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di deroga al divieto di licenziamento a seguito dell’emergenza Covid-19 (codice Uniemens “2A”);
- cessazioni nell’ambito di risoluzioni con accesso al contratto di espansione.
Tipologia di recesso |
Ticket di licenziamento |
Licenziamento durante il periodo di prova |
Si |
Recesso al termine del periodo formativo (apprendisti) |
Si |
Licenziamento per giustificato motivo oggettivo |
Si |
Licenziamento per giustificato motivo soggettivo |
Si |
Licenziamento per giusta causa |
Si |
Licenziamento per superamento del periodo di comporto |
Si |
Licenziamento dei lavoratori domestici |
No |
Licenziamento in imprese edili per "chiusura cantiere" o "fine cantiere" |
No |
Licenziamento per cambio appalto, in attuazione di clausole sociali |
No |
Licenziamento di lavoratori della PA |
No |
Risoluzione consensuale |
No |
Risoluzione consensuale in sede protetta |
No |
Risoluzione consensuale a seguito di conciliazione obbligatoria in sede protetta, per aziende con più di quindici lavoratori (vecchi assunti) |
Si |
Risoluzione consensuale in sede protetta per trasferimento della sede del lavoratore ad oltre 50 km ovvero non raggiungibile in 80 minuti con i mezzi pubblici |
Si |
Risoluzione consensuale a seguito di adesione all’accordo sindacale di incentivo all’esodo stipulato dalle OO.SS. comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, in deroga al divieto di licenziamento a seguito dell’emergenza da Covid-19 |
Si |
Risoluzione del rapporto di lavoro per accesso al contratto di espansione con scivolo pensionistico |
Si |
Dimissioni volontarie |
No |
Dimissioni per giusta causa |
Si |
Dimissioni nel periodo protetto di maternità |
Si |
Decesso del lavoratore |
No |
Nella predetta declaratoria di ipotesi di obbligo o deroga al versamento del contributo in trattazione, si rammenta che rientrano nelle ipotesi di dimissioni per giusta causa – con conseguente accesso al trattamento di disoccupazione – le seguenti fattispecie:
- reiterato mancato pagamento delle retribuzioni, per almeno tre mensilità, anche non consecutive, tali da compromettere il vincolo fiduciario che sussiste nei confronti del datore di lavoro;
- molestie sessuali;
- mobbing, quale comportamento vessatorio da parte di superiori gerarchici o colleghi;
- notevoli variazioni delle condizioni di lavoro a seguito di cessione d’azienda;
- comportamento ingiurioso posto dal superiore gerarchico.
Le sopradette ipotesi, da non intendersi tassative, giacché ripetutamente ammesse dalla giurisprudenza, dovranno essere dimostrate in sede di richiesta di concessione della domanda, dovendo, il lavoratore, dichiarare all’Istituto previdenziale la sua volontà di difendersi in giudizio ovvero di allegare diffide, esposti, denunce o citazioni contro il datore di lavoro, nonché ogni ulteriore documentazione a supporto del comportamento illecito dello stesso.
Qualora, a seguito di giudizio, venga dichiarata l’insussistenza della giusta causa, il lavoratore dovrà restituire le somme versate dall’Istituto previdenziale a titolo di indennità di disoccupazione.
Sono, dunque, escluse dall’obbligo di versamento del contributo di licenziamento le seguenti cause di interruzione del rapporto di lavoro:
- dimissioni volontarie del lavoratore (codice Uniemens “1B”);
- risoluzioni ai sensi dell’art. 4, Legge n. 92/2012, per l’incentivo all’esodo di lavoratori anziani (codice Uniemens “1B”);
- interruzioni del rapporto di lavoro afferenti a processi di incentivazione all’esodo con accesso ai fondi di solidarietà bilaterale ai sensi dell’art. 26, comma 9, lett. b), Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 148;
- cessazioni del rapporto di lavoro a seguito di risoluzione consensuale ex art. 410, Cod. Proc. Civ., per i datori di lavoro aventi meno di quindici dipendenti (codice Uniemens “1G”).
- interruzione di rapporto di apprendistato per la qualifica ed il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore stipulati dal 24 settembre 2015, per espressa previsione dell’art. 32, comma 1, lett. a), Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 150 (codice Tipo lavoratore “PA”);
- interruzione del rapporto di lavoro con lavoratori dipendenti già pensionati;
- licenziamenti effettuati in conseguenza di cambio appalto ai quali succeda l’assunzione dei lavoratori presso altri datori di lavoro in applicazione di clausole sociali che garantiscono la continuità di occupazione (codice Uniemens “1M”);
- licenziamenti per fine cantiere o completamento delle attività, ai sensi del comma 2, art. 34, Legge 28 giugno 2012, n. 92 (codice Uniemens “1N”);
- interruzione del rapporto di lavoro con prestatori che maturino i requisiti di accesso a pensione di vecchiaia o anticipata, solo nell’ipotesi in cui il diritto a pensione decorra dal giorno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro. Diversamente, il lavoratore potrebbe avere diritto alla percezione del trattamento di disoccupazione.
La misura del contributo
Ai sensi dell’art. 2, comma 31, della Legge Fornero, il contributo di licenziamento è pari al 41% del massimale mensile NASpI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni. Tale importo è scollegato dall’impegno lavorativo assunto (full-time o part-time) dal dipendente e deve essere versato, in unica soluzione, entro e non oltre il termine di versamento della denuncia successiva a quella del mese in cui si verifica l’interruzione del rapporto di lavoro.
Ai fini del computo dell’anzianità di servizio utile a parametrare l’ammontare del ticket si dovrà tener conto, oltreché del periodo intercorrente dalla data di assunzione a quella di licenziamento, dei seguenti periodi:
- eventuali rapporti a termine intercorsi con il medesimo datore di lavoro che abbia – a seguito di trasformazione – restituito il contributo addizionale;
- riassunzione del medesimo lavoratore a tempo indeterminato entro sei mesi dalla scadenza del contratto a termine;
- attività lavorativa svolta presso l’azienda cedente, sia nelle ipotesi di operazioni societarie ex art. 2112, Cod. Civile, che di cessione di contratto ai sensi dell’art. 1406, Cod. Civile.
Il computo del primo o dell’ultimo mese, del rapporto di lavoro, verrà considerato come mese intero qualora la prestazione lavorativa si sia protratta per almeno 15 giorni.
Sono, chiaramente, da escludere i periodi di congedo di cui all’art. 42, comma 5, D. Lgs. n. 151/2001 o i periodi di aspettativa non retribuita.
Ciò assunto, per l’anno 2021, atteso che la retribuzione di riferimento per il calcolo dell’indennità di disoccupazione NASpI è pari ad euro 1.335,40, il ticket di licenziamento sarà pari ad euro 547,51 per singola annualità (45,63 euro al mese) sino ad un massimo di euro 1642,53 euro (36 mesi).
Appare, altresì, opportuno rammentare che ai sensi dell’art. 2, comma 35, L. n. 92/2012, dal 1° gennaio 2017 il contributo di licenziamento è triplicato nelle ipotesi di licenziamenti collettivi in cui la dichiarazione di eccedenza del personale ai sensi dell’art. 4, comma 9, legge 23 luglio 1991, n. 223, non sia oggetto di accordo sindacale.
Altresì, dal 1° gennaio 2018, per ciascun licenziamento effettuato nell’ambito di procedure di licenziamento collettivo da parte di datori di lavoro soggetti al finanziamento della CIGS, l’aliquota del 41% è raddoppiata, facendo salve le procedure di licenziamento avviate ai sensi del richiamato art. 4, Legge 23 luglio 1991, n. 223.
Anzianità (mesi) | Licenziamento individuale | Lic. collettivo az. no CIGS | Lic. collettivo az. sogg. CIGS | ||
Con accordo | Senza accordo | Con accordo | Senza accordo | ||
1 | € 45,63 | € 45,63 | € 136,88 | € 91,25 | € 273,76 |
2 | € 91,25 | € 91,25 | € 273,76 | € 182,50 | € 547,51 |
3 | € 136,88 | € 136,88 | € 410,64 | € 273,76 | € 821,27 |
4 | € 182,50 | € 182,50 | € 547,51 | € 365,01 | € 1.095,03 |
5 | € 228,13 | € 228,13 | € 684,39 | € 456,26 | € 1.368,79 |
6 | € 273,76 | € 273,76 | € 821,27 | € 547,51 | € 1.642,54 |
7 | € 319,38 | € 319,38 | € 958,15 | € 638,77 | € 1.916,30 |
8 | € 365,01 | € 365,01 | € 1.095,03 | € 730,02 | € 2.190,06 |
9 | € 410,64 | € 410,64 | € 1.231,91 | € 821,27 | € 2.463,81 |
10 | € 456,26 | € 456,26 | € 1.368,79 | € 912,52 | € 2.737,57 |
11 | € 501,89 | € 501,89 | € 1.505,66 | € 1.003,78 | € 3.011,33 |
12 | € 547,51 | € 547,51 | € 1.642,54 | € 1.095,03 | € 3.285,08 |
13 | € 593,14 | € 593,14 | € 1.779,42 | € 1.186,28 | € 3.558,84 |
14 | € 638,77 | € 638,77 | € 1.916,30 | € 1.277,53 | € 3.832,60 |
15 | € 684,39 | € 684,39 | € 2.053,18 | € 1.368,79 | € 4.106,36 |
16 | € 730,02 | € 730,02 | € 2.190,06 | € 1.460,04 | € 4.380,11 |
17 | € 775,64 | € 775,64 | € 2.326,93 | € 1.551,29 | € 4.653,87 |
18 | € 821,27 | € 821,27 | € 2.463,81 | € 1.642,54 | € 4.927,63 |
19 | € 866,90 | € 866,90 | € 2.600,69 | € 1.733,79 | € 5.201,38 |
20 | € 912,52 | € 912,52 | € 2.737,57 | € 1.825,05 | € 5.475,14 |
21 | € 958,15 | € 958,15 | € 2.874,45 | € 1.916,30 | € 5.748,90 |
22 | € 1.003,78 | € 1.003,78 | € 3.011,33 | € 2.007,55 | € 6.022,65 |
23 | € 1.049,40 | € 1.049,40 | € 3.148,21 | € 2.098,80 | € 6.296,41 |
24 | € 1.095,03 | € 1.095,03 | € 3.285,08 | € 2.190,06 | € 6.570,17 |
25 | € 1.140,65 | € 1.140,65 | € 3.421,96 | € 2.281,31 | € 6.843,93 |
26 | € 1.186,28 | € 1.186,28 | € 3.558,84 | € 2.372,56 | € 7.117,68 |
27 | € 1.231,91 | € 1.231,91 | € 3.695,72 | € 2.463,81 | € 7.391,44 |
28 | € 1.277,53 | € 1.277,53 | € 3.832,60 | € 2.555,07 | € 7.665,20 |
29 | € 1.323,16 | € 1.323,16 | € 3.969,48 | € 2.646,32 | € 7.938,95 |
30 | € 1.368,79 | € 1.368,79 | € 4.106,36 | € 2.737,57 | € 8.212,71 |
31 | € 1.414,41 | € 1.414,41 | € 4.243,23 | € 2.828,82 | € 8.486,47 |
32 | € 1.460,04 | € 1.460,04 | € 4.380,11 | € 2.920,07 | € 8.760,22 |
33 | € 1.505,66 | € 1.505,66 | € 4.516,99 | € 3.011,33 | € 9.033,98 |
34 | € 1.551,29 | € 1.551,29 | € 4.653,87 | € 3.102,58 | € 9.307,74 |
35 | € 1.596,92 | € 1.596,92 | € 4.790,75 | € 3.193,83 | € 9.581,50 |
36 | € 1.642,54 | € 1.642,54 | € 4.927,63 | € 3.285,08 | € 9.855,25 |
Nel caso in cui l’azienda venga indotta a licenziare il dipendente per assenza ingiustificata può ottenere il risarcimento del danno corrispondente all’importo del ticket di licenziamento versato all’INPS.
Ticket di licenziamento, è possibile addebitarlo al dipendente?
Il nuovo orientamento giurisprudenziale ha avuto inizio con la sentenza del Tribunale di Udine 30 settembre 2020, n. 106, secondo cui il datore di lavoro può ribaltare sul lavoratore il costo del contributo di licenziamento laddove le reiterate assenze ingiustificate costringano lo stesso a recedere per giusta causa dal rapporto di lavoro.
Nel caso di specie, il lavoratore – che aveva manifestato la volontà di recedere dal rapporto di lavoro – ometteva di presentare formali dimissioni e chiedeva al datore di lavoro di procedere al licenziamento per poter aver accesso al trattamento di disoccupazione.
L’azienda, previo esperimento di procedimento disciplinare per assenza ingiustificata, notificava l’atto di recesso per giusta causa e, opponendosi al decreto ingiuntivo presentato dal lavoratore per crediti retributivi, richiedeva il risarcimento del ticket versato all’Istituto previdenziale.
Nella predetta sentenza, i giudici accoglievano la richiesta del datore di lavoro condannando il lavoratore al risarcimento del danno subito a seguito della condotta tenuta, ancorché rispettosa delle norme legali e contrattuali vigenti.
In alternativa, una pattuizione ai sensi dell’art. 1382, Cod. Civile, correlata alla fattispecie de quo, potrebbe sgravare la parte dall’onere giudiziario di quantificazione del risarcimento del danno subito, sicché la concreta applicazione sarebbe riconducibile alla c.d. compensazione atecnica o impropria per via della certezza, esigibilità e liquidità del debito, che trova origine nel medesimo rapporto giuridico. Da ciò ne consegue che la ritenuta potrà essere operata direttamente sull’ultima retribuzione utile anche, ove insufficiente, incidendo sul trattamento di fine rapporto.
Diversamente, si sconsiglia di operare il meccanismo di applicazione di clausole penali per il tramite di apposite previsioni di regolamento aziendale, quale atto di derivazione unilaterale datoriale, per carenza di accordo tra le parti. Dal mero ricevimento delle disposizioni datoriali, infatti, non si evince lo specifico consenso prestato, restando al giudicante la valutazione dei limiti e della quantificazione del pregiudizio economico subito.
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