Sono imponibili i proventi degli organismi di mediazione

Pubblicato il




L’attività svolta dall’organismo di mediazione istituito dai Consigli degli ordini degli avvocati non è considerata tra quelle a finalità istituzionale bensì alla pari di quella commerciale. Da qui la bocciatura, da parte dell’Agenzia delle entrate con risoluzione n. 113/2011, della soluzione avanzata dal Consiglio nazionale forense circa la non rilevanza ai fini Ires ed Iva dei contributi erogati agli organismi di mediazione. Il fisco depone per la loro imponibilità.


LA QUESTIONE


Dal Consiglio nazionale forense nasce istanza diretta a conoscere il trattamento tributario ai  fini delle imposte dirette ed indirette di quanto percepito dagli organismi di mediazione creati dai singoli consigli degli ordini sia in merito ai proventi derivanti dall’attività conciliativa che ai contributi erogati dai consigli medesimi.


A parere del Cnf, l’attività posta in essere dagli organismi di mediazione rientra tra le attività istituzionali, esulando dal carattere commerciale, trattandosi di “attività di gestione di un procedimento stragiudiziale diretto alla ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia” sia se istituiti come dipartimenti dei singoli consigli e sia come enti autonomi rispetto a questi.

Conclude, quindi, per la non imposizione Ires e per la non applicabilità Iva.


LA MEDIAZIONE


E’ necessario spendere qualche riga per delineare l’istituto della mediazione civile e commerciale così come confluita nel decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28.


Ai sensi di tale decreto:

la mediazione si sostanzia in un’attività svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa;

la conciliazione è diretta alla composizione di una controversia a seguito dello svolgimento della mediazione.


L’articolo 18 del decreto legislativo assegna agli ordini forensi la facoltà di costituire organismi di mediazione in ogni materia anche presso ciascun tribunale, avvalendosi di proprio personale e utilizzando i locali loro messi a disposizione dal presidente del tribunale. 


Anche gli ordini professionali possono costituire organismi di mediazione ma solo nelle materie di loro competenza e dopo aver  ottenuto apposita  autorizzazione dal Ministero della giustizia.  Gli organismi degli ordini professionali e delle camere di commercio sono iscritti nel registro del Ministero della giustizia a semplice domanda.


Gli organismi di mediazione possono essere

enti di diritto pubblico oppure enti di diritto privato


soggetti autonomi oppure articolazioni degli ordini
.


Il procedimento relativo all’attività di mediazione prevede che il responsabile dell’organismo nomini un mediatore che avrà il compito di trovare una accordo per risolvere la lite insorta.


Dal lato economico, il decreto stabilisce che le parti sono tenute a versare il compenso relativo alla mediazione direttamente all’organismo mentre nessun passaggio di denaro intercorre tra parti e mediatore; infatti nel “costo” della mediazione è compreso anche l’onorario spettante al mediatore per il procedimento svolto.


Pertanto il rapporto contrattuale si viene a creare tra le parti e l’organismo di mediazione ed a sua volta il mediatore ha rapporti diretti solo con l’organismo di mediazione dal quale percepisce un onorario.


LE NORME FISCALI


La risoluzione n. 113 in discorso rammenta che la soggettività Ires sorge nel momento in cui vengono prodotti redditi riconducibili all’articolo 6 del Tuir; tra questi vi è il risultato economico derivante dall’esercizio di imprese commerciali.


La soggettività Iva contempla l’effettuazione di prestazioni di servizi nonché cessioni di beni a titolo oneroso nell’ambito di imprese, arti o attività professionali.


Sia con riferimento all’Ires che all’Iva sono comprese nell’esercizio di impresa:

v  l’esercizio abituale, anche non esclusivo, delle attività commerciali di cui all’articolo 2195 del codice civile, pur non svolte sotto forma di impresa

v  l’esercizio di attività, organizzate in forma di impresa, dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell’articolo 2195 del codice civile.


Inoltre, con particolare riguardo all’imposta sul valore aggiunto, gli organismi di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi nel momento in cui svolgono operazioni in forza di pubbliche autorità anche se, per tali operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni.


Un distinguo va fatto. Tali enti entrano nel campo della soggettività Iva se compiono attività quali pubbliche autorità che, se non soggette ad imposte, darebbero luogo a distorsioni della concorrenza di rilevante entità.


LA SOLUZIONE


Date le suesposte osservazioni, l’Agenzia osserva come non sia possibile sposare la conclusione esposta dal Cnf, non potendo l’attività di mediazione operata dagli organismi in parola rientrare nelle attività non commerciali di matrice pubblicistica alla pari dell’attività svolta a fini istituzionali dai consigli degli ordini dei legali in quanto enti pubblici non economici.


Al contrario deve qualificarsi come attività economica organizzata e diretta alla prestazione di servizi, a cui corrisponde una controprestazione (compenso), il cui oggetto è da ritrovarsi nell’assistenza di due o più parti per giungere ad una composizione della lite.


Ai fini Ires diviene applicabile l’articolo 55, comma 2 del Tuir mentre ai fini Iva l’articolo 4, primo comma, del D.P.R. n. 633/72.


Specifica la risoluzione che tale conclusione vale sia nel caso di organismo di mediazione operante quale ente autonomo rispetto ai singoli consigli sia come dipartimento dei consigli stessi.


Si rende necessario differenziare il trattamento fiscale Ires dei contributi erogati dai consigli agli organismi:

se si tratta di organismi istituiti in veste di enti autonomi i contributi vanno a determinare il reddito d’impresa


se, invece, gli organismi operano come dipartimento dei consigli, i contributi non assumono rilevanza fiscale
risolvendosi in una mera movimentazione di denaro in seno allo stesso soggetto (i consigli), pur rimanendo fermo l’obbligo di tenere contabilità separata.


In merito all’Iva, non si rende possibile giungere ad una conclusione del trattamento fiscale attribuibile all’erogazione dei contributi in parola in favore degli organismi di mediazione dovendo esaminarsi in concreto il singolo rapporto giuridico sorto tra erogante e percettore, al fine di verificare l’esistenza dei presupposti dell’imposta.


Con riguardo ai proventi che gli organismi di mediazione percepiscono dai clienti, sia come enti autonomi rispetto ai singoli consigli che come inseriti nei consigli, il documento di prassi afferma l’assoggettamento ai fini del reddito d’impresa, imputabile, in un caso, in capo all’organismo e, nell’altro, in capo al consiglio.

Tali importi, infine, costituiscono corrispettivi di prestazioni di servizi anche agli effetti Iva.

Allegati

Ricevi GRATIS la nostra newsletter

Ogni giorno sarai aggiornato con le notizie più importanti, documenti originali, anteprime e anticipazioni, informazioni sui contratti e scadenze.

Richiedila subito