Società in house, conciliabili le sanzioni disciplinari

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Società in house, conciliabili le sanzioni disciplinari

I dipendenti delle società in house sono “pubblici” per assunzioni e retribuzioni. Per tutti gli altri aspetti del rapporto di lavoro, invece, sono considerati “privati”. Infatti, la facoltà di promuovere la costituzione di un collegio di conciliazione e arbitrato, in base all’art. 7 della L. n. 300/1970, trova applicazione per i lavoratori dipendenti di società in house a fronte di un provvedimento disciplinare da parte del datore di lavoro.

A specificarlo è l’INL, con la nota n. 301 del 18 febbraio 2021.

Società in house, il provvedimento disciplinare

Ai sensi dell’art. 7, co. 6 e 7 della L. n. 300/1970, il lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione disciplinare può promuovere, nei 20 giorni successivi, anche per mezzo dell'associazione alla quale sia iscritto ovvero conferisca mandato, la costituzione, tramite l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, di un collegio di conciliazione ed arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro scelto di comune accordo o, in difetto di accordo, nominato dal direttore dell'ufficio del lavoro.

La suddetta norma, però, in ragione della abrogazione dell’art. 56 del D.Lgs. n. 165/2001 ad opera dell’art. 72 del D.Lgs. n. 150/2009, non trova applicazione per i dipendenti pubblici.

Tuttavia, anche alla luce del complesso quadro normativo e giurisprudenziale venutosi a creare a seguito della riforma delle società a partecipazione pubblica realizzata con il D.Lgs. n. 175/2016, sono sorti dubbi in ordine alla applicabilità di tale esclusione anche alle ipotesi di provvedimento disciplinare intimato a lavoratori dipendenti di società a controllo pubblico e di quelle in house.

Società in house, applicabile la disciplina delle impugnazioni

Sul punto, l’INL richiama i principi generali stabiliti dagli artt. 2093 e 2129 c.c., secondo cui le disposizioni relative al rapporto di lavoro nell’impresa si applicano anche agli enti pubblici, in mancanza di deroghe o comunque nel caso in cui gli enti esercitino una attività imprenditoriale. Pertanto, la disciplina dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle società a controllo pubblico e delle società in house è sempre stata ancorata a quella del “lavoro nell’impresa”.

Atteso che, conseguentemente, la disciplina generale applicabile ai dipendenti delle società a controllo pubblico è quella privatistica, resta da circoscrivere il perimetro delle deroghe introdotte dal legislatore a tale principio.

In proposito l’art. 19 del D.Lgs. n. 175/2016 chiarisce che:

  • salvo quanto previsto dal presente decreto, ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle società a controllo pubblico si applicano le disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile, dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, ivi incluse quelle in materia di ammortizzatori sociali, secondo quanto previsto dalla normativa vigente, e dai contratti collettivi”.

Tale disposizione, che identifica le fonti di disciplina dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle società a controllo pubblico, fornisce un metodo che deve orientare l’attività dell’interprete, vincolandolo ad applicare il regime privatistico del rapporto di lavoro anche ai dipendenti delle società a controllo pubblico fintantoché non si palesi una deroga espressamente dettata dal legislatore; deroga che, attesa la sua natura, dovrà essere oggetto di stretta interpretazione.

In definitiva, non essendo possibile individuare alcuna norma specifica che in materia di provvedimenti disciplinari intimati ai lavoratori dipendenti di società in house deroghi alla normativa generale prevista per i rapporti di lavoro privati, sarà quindi applicabile nei loro confronti la relativa disciplina sulle impugnazioni, ivi compresa quella concernente la costituzione di un collegio di conciliazione ed arbitrato ex art. 7, co. 6 e 7, della L. n. 300/1970.

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