Social network: se mi offendi ti licenzio
Pubblicato il 07 giugno 2018
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© Carlo Rampioni
Secondo gli esperti l’ossitocina è l’ormone della fiducia: quando questa circola negli ambienti di lavoro si crea maggiore affidamento, che conduce a una crescita della produttività, che è a sua volta strettamente correlata alla creazione di valore economico.
Ultimamente però, in un’azienda che commercializza prodotti petroliferi, qualcosa sta andando in fumo. Non si tratta di gas di scarico e ciminiere, a “divampare” è stato Palmiero, un lavoratore che ritiene di aver subito ingiustizie e che, proprio come l’emozione “Rabbia” nel film “Inside Out”, tende a prendere fuoco quando è in preda alla collera.
Una volta tornato a casa ha acceso il computer e attraverso la sua pagina Facebook ha riempito di contumelie il proprio datore di lavoro. Non a caso il nickname di Palmiero è Napalm, incendiario con monitor e tastiera alla stessa maniera del famoso hater televisivo interpretato da Maurizio Crozza.
Ma non c’è nulla di più reale delle offese, ancorché virtuali. Sicché, in quattro e quattr’otto Palmiero viene licenziato a causa delle espressioni di biasimo nei confronti dell’azienda. L’avvocato a cui si rivolge il lavoratore, gela immediatamente i bollori di Napalm: “La giurisprudenza ha recentemente stabilito che la diffusione di messaggi di disprezzo da parte del lavoratore nei confronti della proprietà aziendale tramite social network è suscettibile di integrare gli estremi della giusta causa di licenziamento, in quanto mezzo idoneo a pregiudicare il vincolo fiduciario nel rapporto di lavoro” (Corte di Cassazione, sentenza del 27 aprile 2018 n. 10280).
“La fiducia rappresenta il cemento con cui si costruisce il ponte della relazione – prosegue filosofeggiando il leguleio – quando viene meno tutto crolla. Anche perché, come dicevano gli antichi, in vento scribit laedens, in marmore laesus (chi offende scrive nel vento, chi è offeso scrive sul marmo)”.
Le considerazioni espresse sono frutto esclusivo dell’opinione degli autori e non impegnano l’amministrazione di appartenenza
Ogni riferimento a persone esistenti e/o a fatti realmente accaduti è puramente casuale
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