Assunzione lavoratori in mobilità: presupposto sgravi e onere prova

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Assunzione lavoratori in mobilità: presupposto sgravi e onere prova

Sgravi contributivi per assunzioni di lavoratori in mobilità: la Cassazione su onere della prova e presupposti per la spettanza dei benefici.

Con ordinanza n. 29367 del 22 ottobre 2021, la Suprema corte ha accolto il ricorso promosso dall’INPS contro da decisione con cui la Corte d’appello aveva annullato un avviso di addebito notificato a una Srl.

Con tale atto, l’istituto aveva chiesto il pagamento di somme dovute in conseguenza dell’indebita fruizione del beneficio contributivo ex articolo 8 della Legge 223/91 per assunzioni di lavoratori in mobilità.

La Corte di secondo grado aveva ritenuto che la società in esame, benché successivamente si fosse resa cessionaria di ramo di azienda di una Spa, già ammessa a procedura di mobilità, fosse compagine distinta dalla cedente, e che l'assunzione di parte delle maestranze della prima rispondeva ad esigenze economiche reali.

L'INPS aveva promosso ricorso davanti ai giudici di legittimità, asserendo, in primo luogo, che l'onere della prova del diritto agli sgravi grava sul beneficiario degli stessi.

Secondo la sua difesa, inoltre, la Corte territoriale non aveva considerato che le assunzioni di lavoratori in mobilità erano conseguenza di un obbligo che derivava non solo dall'acquisto del ramo di azienda ma anche in ragione di uno specifico accordo sindacale, senza contare che l'attività delle società in esame era la stessa ed era svolta con le medesime maestranze occupate nelle medesime mansioni.

La Sezione lavoro della Cassazione ha ritenuto fondati tali rilievi e ha contestualmente cassato la sentenza impugnata, con rinvio della causa per un nuovo esame di merito.

Debenza degli sgravi, onere probatorio

In ordine all'onere della prova del carattere indebito degli sgravi, la Corte ha richiamato quanto già affermato dalla giurisprudenza di legittimità: in tema di contributo collegato alla messa in mobilità del personale, il datore di lavoro che invochi la riduzione dell'onere economico su di sé gravante è tenuto a dimostrare la ricorrenza di tutte le condizioni richieste dalla legge per averne diritto, inclusa l'assenza di collegamenti tra l'impresa che colloca in mobilità i dipendenti e quella che li assume.

E ancora: qualora l'INPS contesti e dimostri l'esistenza di un collegamento societario o di altre fattispecie di fatto giuridicamente idonee a imporre di valutare gli incrementi occupazionali utili al godimento degli sgravi “spetta al datore di lavoro dimostrare l'esistenza di ulteriori elementi tali da far escludere la ricorrenza di un controllo di diritto o di fatto o comprovare, su tale più ampia base aziendale, il sussistere comunque dell'incremento occupazionale”.

Nell'ipotesi di cessione d'azienda, ai fini di ottenere l'applicazione dei benefici in esame, "è onere del datore di lavoro fornire la dimostrazione degli elementi di novità intervenuti nella struttura societaria e delle significative integrazioni apportate al complesso originario per consentire a quello ceduto di svolgere autonomamente la propria funzione produttiva".

Presupposti di spettanza dei benefici contributivi

Quanto alla spettanza nel merito degli sgravi, la Cassazione ha spiegato che il relativo presupposto è costituito dall'effettivo incremento occupazionale realizzato dall'impresa e, dunque, nel caso di impresa che ha acquistato ramo di azienda cui sono addette le maestranze in relazione alle quali gli sgravi sono richiesti, dalla diversità delle imprese e delle relative attività nonché dall'inesistenza di un obbligo assuntivo in capo al cessionario.

Effettivo incremento occupazionale: assenza di obbligo assuntivo, diversità imprese 

Per come ricordato dalla giurisprudenza, infatti, il riconoscimento dei benefici contributivi in favore delle imprese che assumono personale dipendente in mobilità, presuppone che queste ultime non abbiano assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell'impresa che ebbe a procedere ai licenziamenti: non deve ossia sussistere un collegamento o controllo tra le due imprese che si traduca in operazioni coordinate, anche di ristrutturazione complessiva, con spostamento di parte della forza lavoro dall'una all'altra impresa.

Il beneficio della decontribuzione - si legge ancora nell'ordinanza - spetta al datore di lavoro che, "senza esservi tenuto", assuma a tempo pieno e indeterminato i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, al fine di incentivare le assunzioni dei lavoratori espulsi dal mercato del lavoro. Lo sgravio, ossia, presuppone la creazione di nuovi posti per esigenze proprie dell'azienda, in assenza di un obbligo all'assunzione.

Ciò posto, l'agevolazione non compete nelle ipotesi di automatico trasferimento dei rapporti di lavoro subordinato, esistenti al momento della cessione, effettuato ai sensi dell'art. 2112 cod. civ., senza soluzione di continuità, in capo al cessionario.

Il riconoscimento dei benefici contributivi in oggetto, presuppone che vengano accertate l'effettiva cessazione dell'originaria azienda e la nuova assunzione da parte di altra impresa in base ad esigenze economiche effettivamente sussistenti.

Di conseguenza, qualora l'azienda originaria, intesa nel suo complesso, abbia continuato o riprenda ad operare, la prosecuzione del rapporto di lavoro o la sua riattivazione presso la nuova impresa costituiscono non la manifestazione di una libera opzione del datore di lavoro, ma l'effetto di un preciso obbligo previsto dalla legge, come tale non meritevole dei benefici della decontribuzione.

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