Illegittimo il licenziamento per sconti su merce in via di deperimento

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Illegittimo il licenziamento per sconti su merce in via di deperimento

E’ stata confermata, in sede di legittimità, la pronuncia di secondo grado con cui era stato annullato il licenziamento disciplinare intimato al direttore di un supermercato nonché ordinata la reintegra di quest’ultimo nel posto di lavoro, con il riconoscimento di una indennità risarcitoria pari a dodici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto.

Al dipendente, la società datrice di lavoro aveva contestato di avere praticato sconti non autorizzati su prodotti ortofrutticoli e di avere consentito ed avvalorato una prassi in tal senso, comportante la "forzatura" del sistema di predisposizione automatica dei prezzi e del sistema di fatturazione.

In primo grado, il licenziamento era stato confermato sulla base del rilievo che la contestazione disciplinare atteneva a sconti praticati su merce integra e non su quella in via di deperimento.

Secondo i giudici di gravame, per contro, l'istruttoria aveva consentito di dimostrare che gli sconti erano stati applicati su prodotti ortofrutticoli in avanzato stato di maturazione o comunque non perfettamente integri, prassi di fatto autorizzata dal datore di lavoro, il quale in questo ambito lasciava ai singoli punti vendita una certa autonomia.

Per quanto riguardava la merce integra, invece, non vi era prova che il dipendente avesse effettuato direttamente o autorizzato o addirittura istruito il personale del proprio punto vendita ad operare sconti non autorizzati dalla direzione.

La datrice di lavoro aveva quindi promosso ricorso in sede di legittimità, avanzando due censure, riconducibili al nuovo testo dell'art. 360 n. 5, c.p.c.

Censure giudicate entrambe infondate dalla Sezione lavoro della Corte di cassazione, per come si legge nel testo dell’ordinanza n. 22440 del 15 ottobre 2020.

Cassazione: censura di omesso esame infondata

Gli Ermellini hanno in primo luogo rilevato che il ricorso per cassazione non investiva, con specifiche e puntuali censure, la parte della sentenza in cui, in riforma della pronuncia di primo grado, era stata esclusa la prova che gli sconti praticati dal direttore del supermercato avessero riguardato anche prodotti integri. Sul relativo accertamento, quindi, si era formato il giudicato interno, rendendo insussistente il fatto ascritto nella contestazione concernente tale addebito.

Esclusa, così, la prova che fossero stati posti in vendita con prezzi scontati dei prodotti integri, la restante parte dell'addebito verteva sul mancato utilizzo dei tasti preimpostati sulla bilancia per la vendita di prodotti non perfettamente integri, ossia in fase di più o meno avanzata maturazione o deperimento.

Rispetto a tale contestazione, tuttavia, era infondata la censura di omesso esame di un fatto decisivo, per come sollevata dalla ricorrente: la scontistica preimpostata sulla macchina prezzatrice investiva una questione che i giudici di merito avevano già valutato, ritenendola circostanza non decisiva ai fini del giudizio e in tale valutazione – hanno concluso i giudici di Piazza Cavour - non era ravvisabile nessuna radicale contraddizione logica.

Da qui il rigetto del ricorso della datrice di lavoro, con condanna di quest’ultima al pagamento delle spese di lite.

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