Scissione parziale con cessione non è abuso di diritto

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Scissione parziale con cessione non è abuso di diritto

Non rientra nella fattispecie dell'abuso di diritto la cessione parziale proporzionale di una società anche se finalizzata alla successiva cessione delle partecipazioni della società scissa, a prescindere dalla qualità dei soci, persone fisiche o società commerciali.

Questo il chiarimento reso dall'Agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 97/E del 25 luglio 2017, in risposta ad un'istanza di interpello sul tema della scissione parziale, al fine di valutarne l'eventuale abusività, ai sensi dell'art. 10 bis della Legge n. 212/2000 (Statuto dei Diritti del Contribuente), con riguardo all'imposizione diretta ed indiretta.

Il caso

Una Spa che opera in ambito sanitario ed è proprietaria di un compendio immobiliare vuole realizzare un’operazione di scissione parziale proporzionale in favore di una Srl neocostituita, a cui sarà assegnato il compendio immobiliare, mentre la società istante rimarrà titolare del ramo operativo dell’azienda.

L'operazione di scissione parziale proporzionale avviene senza conguaglio in denaro tra i soci. Alcuni soci della società scissa risultano persone fisiche e, quindi, hanno provveduto all’affrancamento delle partecipazioni (due persone fisiche non imprenditori e una Spa). Al termine della scissione, i soci provvederanno alla cessione di tutte le partecipazioni della società scissa.

Ai sensi del comma 1 dell'articolo 10-bis della Legge n. 212 del 2000, e successive modificazioni, recante la "Disciplina dell'abuso del diritto o elusione fiscale", l'Agenzia delle Entrate – nella risoluzione n. 97/2017 – effettua una ricognizione dei presupposti costitutivi affinché una operazione di scissione possa considerarsi abusiva: indebito vantaggio fiscale, assenza di sostanza economica e conseguimento di un vantaggio fiscale.

Nello specifico l'analisi viene effettuata tenendo conto dei comparti delle imposte dirette e dell'imposta di registro, in relazione ai quali l’istante ha richiesto il parere dell'Agenzia.

Cessione d'azienda e imposte dirette

Con riferimento alle imposizione diretta, l'Agenzia evidenzia come, in linea generale, essa possa seguire due strade: cessione diretta e cessione indiretta.

Dopo una breve analisi degli effetti fiscali derivanti dalle citate fattispecie, l'Agenzia afferma che non si rinviene l'esistenza di un "indebito vantaggio fiscale" riconducibile alle fattispecie di abuso del diritto ai sensi del citato articolo 10 bis, Legge n. 212/2000, in una scissione parziale proporzionale, tesa alla creazione di una o più società destinate ad accogliere i rami operativi dell'azienda da far circolare, successivamente, sotto forma di partecipazioni da parte dei soci-persone fisiche poiché il legislatore consente diverse strade, tutte poste sullo stesso piano e aventi, quindi, pari dignità fiscale.

Di conseguenza, non può imporsi ad una persona fisica interessata alla monetizzazione dell'azienda o di un suo ramo, di cui è titolare una società dalla stessa partecipata, di far circolare l'azienda esclusivamente attraverso la sua cessione diretta da parte della società partecipata, con un aggravio fiscale relativo alla doppia imposizione che incide, una volta, in capo all'ente societario e, un'altra volta, in capo alla persona fisica-socio.

A ciò, poi si deve aggiungere il corretto comportamento del contribuente persona fisica che provvede, prima del trasferimento delle partecipazioni, all’affrancamento delle stesse, sfruttando una facoltà che il nostro ordinamento consente.

Imposta di registro

Relativamente all'Imposta di registro e alla possibile qualificazione abusiva dell'operazione prospettata, l'Amministrazione finanziaria ritiene di non dover effettuare alcun approfondimento e di rinviare alle conclusioni della Corte di Cassazione, rese con la sentenza n. 6758/2017.

In tale pronuncia viene ribadito il principio secondo il quale, in tema di imposta di registro, l’articolo 20 del Dpr 131/1986 “non detta una regola antielusiva, ma una regola interpretativa, che impone una qualificazione oggettiva degli atti secondo la causa concreta dell’operazione negoziale complessiva, a prescindere dall’eventuale disegno o intento elusivo delle parti”.

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