Ritenute previdenziali, ulteriori indicazioni INPS sull’ordinanza ingiunzione
Pubblicato il 17 marzo 2022
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L’Istituto previdenziale torna a fornire istruzioni operative sulle modalità di emissione dell’ordinanza ingiunzione per l’irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria derivante dal mancato pagamento delle ritenute previdenziali ovvero, in caso di inadempienza nel noto termine di novanta giorni, del mancato pagamento della sanzione “ridotta”.
Le indicazioni sono state rese note con la circolare 25 febbraio 2022, n. 32, in ossequio alle modifiche legislative operate dall’art. 3, decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8, che ha depenalizzato numerose ipotesi di reato in materia di diritto del lavoro e previdenza sociale.
Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali
L’omesso versamento delle ritenute previdenziali – a seguito della revisione operata dal predetto decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8, all’art. 2, comma 1-bis, decreto legge 12 settembre 1983, n. 463 – segue, attualmente, un doppio binario sanzionatorio:
- il mancato versamento di importi superiori alla soglia di 10.000 euro annui sono puniti con la reclusione sino a tre anni e con la multa fino a 1.032 euro;
- il mancato versamento di importi inferiori alla soglia di 10.000 euro annui sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria – fattispecie depenalizzata – da euro 10.000 ad euro 50.000.
Resta fermo che il datore di lavoro non è punibile, né assoggettabile alla sanzione amministrativa, nel caso in cui provveda al versamento delle ritenute previdenziali operate entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.
Come sopra indicato, il periodo di riferimento nel quale si manifesta la fattispecie incriminatrice è su base annua, sicché i primi dubbi interpretativi sorti tra la giurisprudenza e la prassi amministrativa (Ministero del Lavoro, lettera circolare 3 maggio 2016, n. 9099, superata dalla successiva nota 25 settembre 2017, n. 8376) sono stati definitivamente risolti con la sentenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione 7 marzo 2018, n. 10424, a mente della quale in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei dipendenti la verifica dell’importo complessivo rilevante ai fini del raggiungimento della soglia di punibilità deve essere individuato con riferimento alle mensilità di scadenza dei versamenti contributivi (periodo 16 gennaio – 16 dicembre), relativo alle retribuzioni corrisposte, rispettivamente, dal mese di competenza dicembre dell’anno precedente a novembre dell’anno in corso.
Tale indicazione temporale è stata, altresì, recepita dall’Istituto previdenziale con il messaggio 31 gennaio 2018, che richiamando la superiore sentenza delle Sezioni Unite, ha chiarito che i mancati versamenti che concorrono al raggiungimento della soglia di euro 10.000 annui sono quelli relativi al mese di dicembre dell’anno precedente all’annualità considerata (in scadenza al 16 gennaio) fino alla mensilità di novembre dell’annualità considerata (in scadenza al 16 dicembre), sicché l’avvio del procedimento di contestazione dell’omesso versamento delle ritenute previdenziali è vincolato al processo di consuntivazione necessario per la determinazione del valore complessivo dell’omissione.
Corre l’obbligo di evidenziare che il delitto di omesso versamento delle ritenute previdenziali non si configura laddove il datore di lavoro non abbia proceduto all’erogazione della retribuzione ai lavoratori dipendenti. Invero, il meccanismo della contribuzione previdenziale assegna al datore di lavoro un obbligo indiretto di trattenere la quota a carico del lavoratore in relazione alla quale lo stesso agisce come sostituto responsabile del versamento all’Ente preposto. Ciò assunto, la fattispecie dell’omesso versamento delle ritenute previdenziali consta di due fasi, la condotta commissiva consistente nell’appropriazione da parte del datore di lavoro delle ritenute ed una omissiva consistente nel mancato versamento delle predette somme all’INPS. Pertanto, laddove il datore di lavoro non abbia materialmente corrisposto le retribuzioni, non potendo – di conseguenza – operare le ritenute contributive, non si configurerà il fatto commissivo sopracitato e la relativa ipotesi di reato perseguita dalla norma. L’obbligo di versare le ritenute sorge, dunque, solo al momento dell’effettiva corresponsione della retribuzione.
Altresì, si rammenta che le ritenute previdenziali non possono essere portate a conguaglio con quelle anticipate ai lavoratori per conto delle gestioni previdenziali ed assistenziali regolarmente denunciate alle gestioni stesse, salvo il caso in cui a seguito di conguaglio sul DM10 gli importi contributivi a carico del datore di lavoro e le somme anticipate, risulti un saldo attivo a favore del datore di lavoro.
Il procedimento sotto-soglia
L’accertamento sul mancato versamento delle ritenute previdenziali è avviato dagli enti ed istituti gestori delle forme di previdenza e assistenza obbligatorie con la notifica della violazione. Entro il termine di trenta giorni gli interessati possono far pervenire scritti difensivi, documenti o richiedere l’audizione presso l’autorità.
Come precisato dalla circolare 25 febbraio 2022, n. 32, esaminati gli eventuali documenti inviati e le rilevazioni mosse, l’autorità competente potrà:
- emettere ordinanza motivata contestando la somma dovuta per la violazione ingiungendone il pagamento, unitamente alle spese, ed indicando l’autore della violazione e alle persone che vi sono obbligate solidalmente;
- verificare che la condotta del soggetto non costituisce illecito amministrativo ovvero rilevare vizi formali, emettendo un’ordinanza motivata di archiviazione.
Tale provvedimento potrà essere adottato in presenza di almeno una delle seguenti circostanze:
- insussistenza del fatto o della violazione legislativa;
- non responsabilità di uno o più soggetti;
- omissione della contestazione o della notifica delle violazioni a uno o più soggetti responsabili;
- decorso del termine di prescrizione di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione;
- incapacità di intendere e di volere dell’autore delle violazioni;
- violazione commessa per comportamento incolpevole dell’autore.
- morte di uno o più soggetti responsabili.
Si rammenta che il provvedimento di archiviazione non è da intendersi definitivo, potendo essere revocato in autotutela dalla Pubblica Amministrazione e che potrà essere esercitato sino al momento dell’intervenuta prescrizione di cui all’art. 28, legge n. 689/1981 o di diversa causa che abbia fatto venir meno la responsabilità dei soggetti interessati.
Nell’atto di contestazione del mancato versamento delle ritenute previdenziali notificato, l’Istituto inviterà il ricevente a provvedere al versamento delle somme omesse entro il termine di tre mesi ed avvertendolo che, in mancanza, laddove le somme fossero di importo inferiore ad euro 10.000 su base annua, troverà applicazione la sanzione amministrativa prevista dall’art. 2, comma 1-bis, da euro 10.000 ad euro 50.000. Nel caso in cui sia decorso inutilmente il termine di tre mesi concesso, la somma potrà, comunque, essere versata nei successivi sessanta giorni, unitamente all’importo della sanzione amministrativa quantificata in misura ridotta ai sensi dell’art. 16, legge 24 novembre 1981, n. 689, per un importo pari ad euro 16.667,67. Anche in tale ipotesi, il versamento delle ritenute omesse e della sanzione innanzi citata comporterà l’estinzione del procedimento sanzionatorio.
Nelle ipotesi in cui, invece, il soggetto non abbia provveduto a regolarizzare la posizione nei termini sopra indicati, l’INPS procederà a notificare l’ordinanza ingiunzione all’autore della violazione ed agli eventuali obbligati in solido. In tal senso, come precisato al punto 4), della circolare 25 febbraio 2022, n. 32, la sanzione amministrativa irrogata nell’ordinanza ingiunzione avrà un importo minimo di 17.000 euro fino ad un massimo di euro 50.000. Invero, in assenza di pagamento entro il termine di tre mesi dalla notifica dell’accertamento ovvero del mancato versamento con sanzione in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista (entro il termine di sessanta giorni successivi alla scadenza del primo termine di tre mesi) ed in ottemperanza alle indicazioni ministeriali contenute nella nota del 3 maggio 2016, l’importo della sanzione riportata nell’ordinanza ingiunzione sarà di importo superiore a quello determinato in misura ridotta. Tale importo, valutata la gravità dell’omissione o l’eventuale reiterazione della violazione, dovrà essere versato dal soggetto entro il termine di trenta giorni dalla notifica dell’ordinanza ingiunzione ovvero entro il termine di sessanta giorni se il soggetto è residente all’estero.
Rateazione dell’ordinanza-ingiunzione
Il pagamento dell’ordinanza ingiunzione deve essere effettuato in unica soluzione entro il termine di trenta giorni dalla notifica, salvo proposizione da parte dell’autorità amministrativa che ha applicato la sanzione pecuniaria di concessione di un pagamento dilazionato. Tale piano può essere richiesto da soggetti che versino in condizioni economiche disagiate mediante trasmissione a mezzo PEC o raccomandata del modello SC97 “Richiesta di pagamento rateale dell’Ordinanza-Ingiunzione” reperibile sul sito dell’Istituto alla sezione Prestazioni e servizi > Moduli.
L’ufficio, valutata la situazione del soggetto, potrà concedere all’accoglimento della domanda ammettendo il pagamento della sanzione comminata in un numero di rate tra tre e trenta. Laddove l’ufficio respinga la domanda di rateazione, il pagamento dovrà essere effettuato in unica soluzione entro il termine di quindici giorni dalla notifica del provvedimento di reiezione della richiesta. Nel caso in cui, invece, il piano di rateazione venga accolto, l’ufficio provvederà a notificare il provvedimento contenente gli importi e le scadenza di pagamento senza applicazione di interessi di dilazione. Il ritardato pagamento, anche di una sola rata, comporterà l’obbligo di pagamento del residuo ammontare della sanzione in unica soluzione.
Opposizione e sospensione dell’ordinanza-ingiunzione
L’ordinanza ingiunzione, costituente titolo esecutivo, può essere impugnata innanzi all’autorità giudiziaria ordinaria del luogo ove è stata commessa la violazione. Il ricorso deve essere proposto entro il termine di trenta giorni dalla notifica del provvedimento ovvero entro sessanta giorni se il soggetto è residente all’estero.
Si evidenzia che la sospensione dell’esecutività dell’ordinanza-ingiunzione può essere concessa secondo le disposizioni di cui all’art. 5, decreto legislativo n. 150/2011 a mente del quale alla sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato il giudice vi provvede, se richiesto e sentite le parti, con ordinanza non impugnabile, quando ricorrono gravi e circostanziate ragioni esplicitamente indicate nella motivazione.
QUADRO NORMATIVO Decreto Legislativo 15 gennaio 2016, n. 8 |
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