Revoca del gratuito patrocinio. Ultime precisazioni delle Sezioni Unite
Pubblicato il 21 febbraio 2020
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La Corte di cassazione può procedere alla revoca del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato?
La questione, sulla quale era stato rilevato un contrasto giurisprudenziale di legittimità, è stata risolta dalle Sezioni Unite civili della Cassazione con sentenza n. 4315 del 20 febbraio 2020.
Giudizio in cassazione. Quale giudice deve provvedere alla revoca?
In particolare, era stato chiesto di stabilire se, qualora si ravvisino nel giudizio di legittimità le condizioni previste dall'art. 136 del DPR n. 115/2002 (Testo unico spese di giustizia – T.U.S.G.) per la revoca del provvedimento di ammissione al gratuito patrocinio, a tale revoca debba provvedere la Corte di cassazione ovvero il giudice di rinvio o quello che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato.
Le SS. UU. Civili hanno così spiegato che il potere di revocare l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato non spetta alla Corte di Cassazione, ma compete al giudice di rinvio ovvero - nel caso di mancato rinvio - al giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato.
Revoca patrocinio: decide il giudice di rinvio o il giudice del provvedimento
Sul punto, è stato enunciato apposito principio di diritto ai sensi del quale: “In tema di patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, la competenza a provvedere sulla revoca del provvedimento di ammissione al detto patrocinio spetta, per il giudizio di cassazione, al giudice di rinvio ovvero - nel caso di mancato rinvio - al giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato”.
Salvo il caso in cui la causa sia stata rimessa al giudice di rinvio - è stato altresì puntualizzato – “il giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato, ricevuta copia della sentenza della Corte di cassazione ai sensi dell'art. 388 cod. proc. civ., è tenuto a valutare la sussistenza delle condizioni previste dall'art. 136 T.U.S.G. per la revoca dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato cui una delle parti sia stata ammessa”.
Doppio contributo unificato? Non escluso
Nel testo della corposa sentenza, la Suprema corte ha ritenuto opportuno fornire precisazioni anche in ordine ad un ulteriore problema, emerso nel corso della disamina sul gratuito patrocinio e relativo alla specifica vicenda ad essa sottoposta.
Si trattava di stabilire se, anche in caso di ammissione al gratuito patrocinio, debba provvedersi o meno alla statuizione prevista dall'art. 13, comma 1-quater T.U.S.G., che impone al giudice, quando pronuncia sentenza di integrale rigetto o di inammissibilità o di improcedibilità dell'impugnazione, di attestare la sussistenza dei presupposti per il versamento di un ulteriore importo del contributo unificato dovuto.
Rispetto a tale questione, il massimo Collegio di Piazza Cavour ha formulato alcuni principi di diritto.
Principi di diritto delle Sezioni Unite
Ha così spiegato che:
- poiché l'ulteriore importo del contributo unificato che la parte impugnante è obbligata a versare, allorquando ricorrano i presupposti di legge, ha natura di debito tributario, la questione circa la sua debenza è estranea alla cognizione della giurisdizione civile ordinaria, spettando invece alla giurisdizione del giudice tributario;
- poiché la debenza di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione è normativamente condizionata a "due presupposti", il primo, di natura processuale, costituito dall'aver il giudice adottato una pronuncia di integrale rigetto o di inammissibilità o di improcedibilità dell'impugnazione, mentre il secondo, appartenente al diritto sostanziale tributario, consistente nella sussistenza dell'obbligo della parte che ha proposto impugnazione di versare il contributo unificato iniziale con riguardo al momento dell'iscrizione della causa a ruolo, “l'attestazione del giudice dell'impugnazione, ai sensi all'art. 13, comma 1-quater, secondo periodo, T.U.S.G., riguarda solo la sussistenza del primo presupposto, mentre spetta all'amministrazione giudiziaria accertare la sussistenza del secondo”;
- il giudice dell'impugnazione non è tenuto a dare atto della insussistenza dei presupposti per il raddoppio del CU quando il tipo di pronuncia non è inquadrabile nei tipi previsti dalla norma, dovendo invece rendere l'attestazione di cui all'art. 13, comma 1-quater, T.U.S.G., solo quando tali presupposti sussistono;
- “poiché l'obbligo di versare un importo "ulteriore" del contributo unificato è normativamente dipendente - ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, T.U.S.G. - dalla sussistenza dell'obbligo della parte impugnante di versare il contributo unificato iniziale, ben può il giudice dell'impugnazione attestare la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento del doppio contributo, condizionandone la effettiva debenza alla sussistenza dell'obbligo di versare il I contributo unificato iniziale”;
- Il giudice dell'impugnazione, quando pronunci l'integrale rigetto o l'inammissibilità o la improcedibilità dell'impugnazione, “deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo del contributo unificato anche nel caso in cui quest'ultimo non sia stato inizialmente versato per una causa suscettibile di venir meno (come nel caso di ammissione della parte al patrocinio a spese dello Stato)”; per contro, può esimersi dall’attestazione “quando la debenza del contributo unificato iniziale sia esclusa dalla legge in modo assoluto e definitivo”.
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