Reati tributari: durata pene accessorie con un minimo e un massimo
Pubblicato il 22 febbraio 2021
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La Corte di cassazione, con sentenza n. 6541 del 19 febbraio 2021, ha annullato, senza rinvio, una sentenza di merito, limitatamente alla durata della pena accessoria temporanea disposta ex art. 12, comma 1, lett. a) del D. Lgs. n. 74/2000, nell’ambito di un patteggiamento per i reati di associazione per delinquere e di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
La pena accessoria di specie è quella che dispone l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, pena che, nella vicenda esaminata, era stata determinata in un anno.
L’imputato aveva proposto ricorso per cassazione, lamentando che la Corte d’appello aveva determinato la durata delle pene accessorie ex art. 12 con riferimento alla durata della pena principale, e ciò applicando, erroneamente, l’art. 37 del Codice penale e non l’art. 133 del medesimo codice.
Il ricorso è stato ritenuto parzialmente fondato dagli Ermellini.
Emissione fatture per operazioni inesistenti, durata pena accessoria?
Con particolare riferimento alla pena accessoria sopra menzionata, per la quale la norma dispone una durata per un periodo non inferiore a 6 mesi e non superiore a 3 anni, la Suprema corte ha sottolineato come la Corte d’appello avrebbe dovuto procedere alla determinazione della durata in base ai principi di diritto affermati dalle Sezioni Unite con sentenza n. 28910/2019.
Ai sensi di tale pronuncia – si rammenta - la durata delle pene accessorie per le quali la legge stabilisce, in misura non fissa, un limite di durata minimo ed uno massimo, ovvero uno solo di essi, deve essere determinata in concreto dal giudice in base ai criteri di cui all’art. 133 c.p. e non rapportata, invece, alla durata della pena principale.
La regola della equiparazione meccanica della durata della pena accessoria a quella della pena principale assumerebbe, infatti, una funzione residuale, cui fare ricorso nei casi in cui la legge in astratto sia priva di qualsiasi indicazione sul profilo temporale che circoscriva e guidi l’esercizio del potere dosimetrico del giudice.
Pena da determinare in concreto, con adeguata motivazione
Principi, questi, espressamente ribaditi dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento alle pene accessorie disposte per i reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, ai sensi dell’art. 12 del decreto sopra menzionato: la durata delle pene accessorie per le quali è previsto un limite minimo e massimo, deve essere determinata in concreto, con adeguata motivazione, sulla base dei criteri di cui all’art. 133 c.p., dovendosi escludere la necessaria correlazione con quella principale.
I giudici di secondo grado, invece, non avendo fornito un’esplicita motivazione sulla durata individuata in un anno, la avevano fissata in misura uguale a quella inflitta per il reato tributario contestato di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, quale aumento per la continuazione, applicando l’art. 37 c.p.
Da qui l’annullamento, senza rinvio, della sentenza impugnata, limitatamente alla durata della pena accessoria di cui all’art. 12, lett. a).
La Corte di legittimità, ciò posto, tenuto conto che le altre pene accessorie erano stata determinate nella durata minima, ha provveduto direttamente, ex art. 620, lettera I) c.p.p., alla rideterminazione della durata della pena accessoria suindicata nel minimo di legge di sei mesi.
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